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Questo articolo è stato pubblicato il 12 ottobre 2011 alle ore 10:36.

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Era previsto ma è sempre un voto col sapore di uno smacco per Barack Obama. La legge-stimolo da 447 miliardi di dollari, incentrata su sgravi fiscali e nuovi investimenti pubblici, sulla quale punta la Casa Bianca per rilanciare l`occupazione non ha superato il Senato. Nella tarda serata di ieri, la legge non ha raggiunto la maggioranza di 60 voti necessaria per l`approvazione e si è fermata a 50 sì e 49 no. «Il voto del Senato non segna la fine di questa battaglia, ma è il risultato dell`ostruzionismo dei repubblicani» ha commentato Obama.

Scontato era il no dei 47 senatori repubblicani, ma pesano i due contrari tra i democratici, Ben Nelson del Nebraska e Jon Tester del Montana. A questo punto la Casa Bianca punterà sulla strategia che Obama aveva anticipato, ovvero la legge sarà divisa in parti da votare singolarmente. «Ci assicureremo che le varie proposte siano messe ai voti al più presto», ha detto il presidente. La strategia è anche e soprattutto politica: se i
repubblicani si opporranno a tutte le tranche della legge, il presidente avrà gioco facile nell`accusarli di immobilismo e additarli all`elettorato il prossimo anno come complici nella crisi economica.

Il piano presentato da Obama prevede tagli delle tasse in busta paga, sgravi alle aziende e altre agevolazioni fiscali per un totale di 270 miliardi di dollari e 175 miliardi di dollari di investimenti nelle infrastrutture. A differenza dal piano di stimoli del 2009, i costi della legge attuale sarebbero coperti con una sovratassa del 5,6% sui redditi superiori al milione di dollari.

Questo risultato «non significa in alcun modo che la battaglia sia finita», ha commentato Obama in una nota. «Nei prossimi giorni - ha aggiunto - i membri del Congresso dovranno decidere se vale la pena rimettere al lavoro insegnanti, addetti alle costruzione, poliziotti e pompieri». L'auspicio della Casa Bianca è che almeno alcuni dei provvedimenti possano venire approvati singolarmente.

E se Obama ha definito la crisi economica «un'emergenza», presentando il suo piano sul lavoro davanti al congresso riunito in seduta congiunta, il segretario al Tesoro Usa, Tim Geithner, ha ventilato il rischio di una nuova recessione se il parlamento non interverrà con provvedimenti a sostegno della crescita. Il tasso di disoccupazione in Usa si è attestato sopra il
9% dallo scorso maggio e circa il 45% dei 14 milioni dei senza lavoro è disoccupato da almeno sei mesi. Perfino Wall Street sta accusando il colpo, con i bonus dei banchieri attesi in calo per il secondo anno consecutivo.

Tra i provvedimenti del pacchetto lavoro che potrebbero essere «salvati», figurano l'estensione del taglio alle tasse sulle buste paga e i benefit per i disoccupati di lungo termine. Sembra improbabile invece che sulla proposta di aumentare le spese per la costruzione di autostrade e su quella di garantire aiuti agli Stati più in difficoltà si riesca a strappare il consenso dell'opposizione.

In vista delle prossime elezioni, «i repubblicani temono che una ripresa dell'economia possa tradursi in un sostegno per Obama e per questo si oppongono a ogni provvedimento in grado di stimolarla», ha attaccato il leader dei democratici in Senato, Harry Reid. Ma per il partito conservatore dal colore rosso, che aveva preannunciato la bocciatura del piano di Obama, si tratta solo di una nuova versione del mega piano di stimolo del 2009. «Perché dovremmo appoggiare una legge che ha già dimostrato di non funzionare?», è stata la replica del leader dei senatori repubblicani, Mitch McConnell. Nella stessa seduta, il Senato americano ha approvato un piano che impone sanzioni e dazi nei confronti di Paesi, come la Cina, accusati di manipolare le proprie valute.

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