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Questo articolo è stato pubblicato il 25 ottobre 2011 alle ore 08:20.

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Il Consiglio dei ministri convocato d'urgenza all'indomani dell'ultimatum di Bruxelles, si è risolto in un nulla di fatto. La Lega sulle pensioni è disposta ad aprire la crisi. Bossi lo ha detto e ripetuto a Berlusconi, prima e dopo la riunione di Palazzo Chigi e il titolo che compare sulla Padania è più che eloquente: «La Lega non arretra di un passo-Oggi il D-day». Per tutta la giornata il premier ha tentato di superare le resistenze del Carroccio ma Bossi non gli ha lasciato spiragli. L'ultimo tentativo nella notte.

Il premier dopo aver congedato tutti i ministri si è chiuso nuovamente con Bossi, Tremonti, Maroni e Calderoli assistito da Gianni Letta. Una cena che non ha niente a che vedere con quelle dei lunedì di Arcore in cui alla fine si trovava sempre «la quadra». Questa volta il Senatur abbandona il tavolo poco dopo le 10, lasciando a trattare nella notte i suoi colonnelli. I margini di manovra sono strettissimi. Tant'è che mentre ancora è in corso il vertice, fonti di Palazzo Chigi anticipano che per oggi non è prevista alcuna nuova riunione del Consiglio dei ministri. Berlusconi ha quindi rinunciato di presentarsi a Bruxelles domani con il decreto Sviluppo e con un provvedimento analogo o anche solo un disegno di legge (come era stato inizialmente ipotizzato) sulla riforma delle pensioni. «Ma non possiamo presentarci a mani nude», ha detto durante la riunione Gianni Letta. E così l'idea che si sta facendo strada è quella di una sorta di «documento programmatico» in cui siano specificati obiettivi e scadenze.

Due le ipotesi sul tappeto sulle riforma delle pensioni (di Marco Rogari)

Una scelta che potrebbe non essere priva di conseguenze, visto che inizialmente l'impegno era di arrivare davanti ai partner europei con un provvedimento in grado di mostrare il cambio di marcia dell'Italia sul fronte della crescita. Berlusconi rischia così di dover subire una nuova reprimenda dai colleghi europei. Il Quirinale segue con attenzione le mosse dell'Esecutivo. «Napolitano non rimarrà passivo», è la convinzione di un ministro mentre c'è già chi ipotizza che il Cavaliere mercoledì «invece di prendere l'aereo per Bruxelles salga al Colle».

La strada delle dimissioni del premier ieri è girata parecchio nei conciliaboli all'interno della maggioranza e non solo. Le alternative, qualora Berlusconi dovesse dichiarare la resa, sarebbero quelle di un governo Letta o Schifani, al quale potrebbe dare il suo appoggio il terzo polo di Casini e Fini. Qualcuno l'ha già ribattezzata l'ultima «exit strategy» per tenere in vita la legislatura. La Lega a quel punto molto probabilmente si tirerebbe indietro, avendo come unica opzione le elezioni. Ed è proprio questo lo scenario con cui il Cavaliere contava ieri di convincere Bossi. Il Senatur però non ha ceduto. Al vertice che ha preceduto il Cdm ha detto chiaro e tondo al premier che per il Carroccio sull'allungamento dell'età a 67 anni così come sull'abolizione delle anzianità non c'era possibilità di accordo. Gli unici spragli lasciati aperti erano l'anticipo dell'allungamento dell'età delle donne o interventi su quelle pensioni di chi «non ha lavorato» (quelle di reversibilità o di invalidità), ma nulla di più.

Per Berlusconi però è troppo poco. Anche perchè non ha alternative da controproporre ai vertici dell'Unione europea. Tremonti non ha offerto suggerimenti. Il ministro dell'Economia ieri si è limitato ad illustrare le difficoltà più che a trovare strade alternative. E anche le proposte che erano giunte dal resto del governo, le famose proposte a costo zero, non bastano certo a ribaltare i giudizi poco ottimisti sul futuro dell'Italia e quindi dell'euro. C'è chi sostiene – ma è un'interpretazione di ispirazione tremontiana – che la scelta di presentarsi con un documento e non con il decreto vero e proprio sia dettato dalla necessità di mantenere «l'autonomia decisionale». Ma sembra un mero tentativo di edulcorare la realtà con la quale il premier dovrà fare i conti. E Berlusconi ha già capito che domani per lui potrebbero non esserci solo i risolini ironici di Sarkozy e Merkel.

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