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Questo articolo è stato pubblicato il 26 ottobre 2011 alle ore 10:09.

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Bambina attraversa la strada sulle strisce pedonali 06/09/2004 Ex-Press Ullstein Bild / Archivi AlinariBambina attraversa la strada sulle strisce pedonali 06/09/2004 Ex-Press Ullstein Bild / Archivi Alinari

Compiono sessant'anni e non sono proprio in buona salute. Le strisce pedonali, di cui la Gran Bretagna festeggerà lunedì prossimo il 60esimo anniversario, spesso sono poco visibili o mal dislocate. Non solo in Italia, ma un po' in tutta Europa: per esempio, nell'ultima inchiesta sul tema, l'attraversamento peggiore è stato trovato a Lugano, nell'insospettabile Svizzera.

E' anche per queste carenze diffuse che le statistiche sui morti tra i pedoni sono ben peggiori di quelle sulla mortalità generale per incidente stradale. Tanto che l'obiettivo di dimezzare le vittime della strada imposto dalla Ue tra il 2001 e il 2010, oltre a essere stato centrato da pochi Paesi, risulta ancor più lontano se si considerano i soli «utenti deboli» della strada (ciclisti, motociclisti e, appunto, pedoni).

I 60 anni dall'introduzione delle strisce verranno celebrati ufficialmente lunedì 31 ottobre in Gran Bretagna, anche se in realtà le zebre sono più vecchie: già dal 1949 sono state dipinte su molte strade inglesi e il 1951 è solo stato l'anno in cui sono entrate ufficialmente nella legislazione del Regno Unito. Percorso analogo in Italia: già nel Dopoguerra si erano approntati molti attraversamenti pedonali, persino nei piccoli paesi, ma il riconoscimento definitivo è avvenuto col Codice della strada del 1959 (quello che ha sostituito il primo, che risale al 1923, e ha preceduto l'attuale, entrato in vigore nel 1993 e già più volte riformato).

Fino ad allora, tutto era demandato a regolamenti comunali, col risultato che variavano da paese a paese anche le forme delle strisce. Anzi, in molti casi non c'erano nemmeno strisce: gli attraversamenti potevano essere segnalati anche con modalità alternative, come placche metalliche fissate alla superficie stradale. Le evoluzioni introdotte negli ultimi anni sono l'evidenziazione delle strisce con vernici speciali e la loro soprelevazione rispetto al normale piano viabile, creando una sorta di grande dosso che induce a rallentare. Molto più diffusa (da metà anni Novanta), ma anche molto meno efficace a livello di visibilità, è la scelta di dipingere sull'asfalto una fascia perlopiù rossa (ma ce ne sono anche di azzurre e verdi, spesso secondo il colore politico del sindaco) che incornicia le strisce.

Cosa prevede il Codice della strada

C'è stata un'evoluzione anche dal punto di vista normativo: con la riforma del 2010 (legge 120), il Codice della strada italiano (articolo 191) si è sostanzialmente allineato a quelli scandinavi, tedesco e olandese imponendo di far passare i pedoni anche quando semplicemente «si accingono» ad attraversare. Anche se l'indeterminatezza di tale espressione e il fatto che essa implichi di fare un processo alle intenzioni - uniti alla scarsità dei controlli - rendono la nuova norma di difficile applicazione. In ogni caso, per i trasgressori sono previste una multa di 154 euro e la decurtazione di otto punti (raddoppiata rispetto a prima della riforma). Altro inasprimento introdotto nel 2010 è l'obbligo (sempre di sporadica applicazione) di fermarsi quando si ha davanti un pedone che ha già iniziato ad attraversare sulle strisce; prima era sufficiente rallentare per lasciarlo passare.

L'efficacia delle strisce è stata indiscutibile per decenni: in Gran Bretagna, dagli anni Venti a oggi, i pedoni morti sono passati da 5mila a meno di mille. Ma nel campo della sicurezza stradale non bisogna mai abbassare la guardia e occorre inventare sempre nuove soluzioni, sia per migliorare le soluzioni esistenti sia per trovarne di nuove che ridestino l'attenzione di guidatori che tendono per natura ad assuefarsi un po' a tutto. Così, mentre fra il 2001 e il 2009 in Europa i morti tra i guidatori di auto e mezzi pesanti sono diminuiti del 39%, il calo tra i pedoni si è fermato al 34% (cifra comunque ben più incoraggiante del misero 18% che riguarda i motociclisti). E la media annua europea di riduzione è stata del 4%, mentre l'Italia ha fatto meglio, con poco più del 6% .

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