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Questo articolo è stato pubblicato il 11 novembre 2011 alle ore 17:07.

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In Italia circa 4 studenti universitari su dieci studiano e lavorano. Il dato è in linea con la media europea ed è stabile da tre anni. È quanto emerge dall'indagine comparata in 25 paesi europei «Social and economic conditions of student in life Europe - Eurostudent IV 2008 - 2011», presentata a Milano dalla Fondazione Rui, insieme ad alcuni dati della sesta indagine Eurostudent sulle condizioni di vita e di studio degli studenti universitari italiani.

Tuttavia, rispetto agli anni '90 il lavoro studentesco appare oggi meno diffuso, quando rappresentava la maggioranza assoluta della popolazione studentesca europea. Il 41,7% degli studenti che provengono da una famiglia non privilegiata lavorano, ma anche quelli con genitori laureati e condizioni economiche migliori, scelgono questa opzione nel 29,8% dei casi. Un dato quest'ultimo che conferma che non si lavora soltanto per una motivazione economica.

In particolare, sottolinea l'indagine comparata «per alcuni studenti il lavoro retribuito è la sorgente di reddito prevalente, che viene utilizzata per colmare il gap fra le spese totali, da una parte e i contributi della famiglia e dello stato, dall'altra».

Gli italiani lasciano tardi il nido
Nel nostro paese il 24% dei giovani, terminata la scuola, decide di posticipare l'iscrizione all'università per cominciare subito a lavorare. Una percentuale che, se si considera il totale degli studenti lavoratori, si alza fino al 39%, un dato in linea con la media continentale del 40%.
Nel nostro paese, il 13% degli studenti sono entrati in università dopo almeno due anni dalla maturità.
In Europa l'interruzione momentanea degli studi è diffusa soprattutto nel nord: in Danimarca è pari al 38%, in Irlanda al 34%, in Finlandia al 28% e in Norvegia al 24%. Nell'Europa meridionale, invece, coloro che riprendono gli studi dopo almeno due anni sono pari al 2% in Croazia, 3% in Francia e 4% in Spagna. I più alti tassi di iscrizione senza interruzione si registrano in Croazia, Lituania e Repubblica Ceca, con una percentuale del 90%. In tutti i paesi, sono i meno abbienti a iscriversi a distanza di oltre due anni, con le eccezioni di Austria, Germania e Danimarca, dove chi ha una condizione economica svantaggiata preferisce andare subito all'università.
All'estero, gli studenti nella fascia 25-29 anni che vivono fuori dalla famiglia di origine e che hanno già partner o figli (o entrambi) vanno dal 47% della Svezia al 30% della Slovenia. In Italia, secondo la ricerca lo stesso grado di autonomia si raggiunge solo dopo i 30 anni, con un 60% di studenti indipendenti dalla famiglia.

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