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Questo articolo è stato pubblicato il 24 novembre 2011 alle ore 18:15.
L'ultima modifica è del 24 novembre 2011 alle ore 07:53.

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Francesco Guarguaglini (Olycom)Francesco Guarguaglini (Olycom)

ROMA. Pier Francesco Guarguaglini ha pianificato il percorso di guerra che tra una settimana dovrebbe portarlo fuori dalla Finmeccanica, a nove anni e sette mesi dal suo ingresso come presidente e amministratore delegato, avvenuto il 24 aprile 2002 con il governo Berlusconi.
Benché con le spalle al muro per lo scandalo Enav-Finmeccanica e per le dimissioni sollecitate dal nuovo presidente del Consiglio, Mario Monti, il vecchio leone combatte ancora, ha una scorza dura e non si arrende. Si prepara al consiglio di amministrazione che si terrà la prossima settimana, tra martedì e giovedì, nel quale ci sarà la resa dei conti. La data verrà fissata oggi, probabile che sia mercoledì o giovedì.

Ieri mattina Guarguaglini è stato ricevuto da Antonio Catricalà, l'ex presidente dell'Antitrust paracadutato su Palazzo Chigi come sottosegretario. Il presidente della Finmeccanica ha dovuto prendere atto del fatto che la «rapida e responsabile soluzione» sollecitata dal premier riguarda la sua asportazione dal vertice di Finmeccanica, quasi fosse un'operazione chirurgica. Altrettanto opportuno, per il governo, un passo indietro della moglie di Guarguaglini, Marina Grossi, amministratore delegato della Selex Sistemi integrati, l'azienda di radar al centro dell'indagine per corruzione.

Guarguaglini sa che la sua sorte è segnata. Lui e la moglie sono indagati, si proclamano innocenti, ma pesano le ammissioni del braccio destro di Guarguaglini, Lorenzo Borgogni, che ha accumulato 5,6 milioni di euro attraverso pagamenti ricevuti da soggetti in affari con Finmeccanica e ha fatto ai magistrati rivelazioni imbarazzanti sui rapporti con molti politici, in particolare con Marco Milanese, fino a giugno consigliere di Giulio Tremonti, che era ministro dell'Economia.

L'ingegnere nato a Castagneto Carducci nel 1937 coltiva un disegno: far cadere insieme a lui il nuovo amministratore delegato della Finmeccanica, Giuseppe Orsi, l'ingegnere proveniente dagli elicotteri con il quale c'è guerra totale. Se Guarguaglini non si presenterà dimissionario al cda, il ministero dell'Economia avrebbe solo un modo per mandarlo a casa: azzerare l'intero consiglio.

Secondo l'articolo 18.6 dello statuto della società, il consiglio si intende decaduto «ogniqualvolta un terzo dei componenti il consiglio (...) venga meno per qualsiasi ragione», escludendo dal computo il consigliere nominato dal Tesoro con i poteri speciali, privo di diritto di voto, l'ambasciatore Carlo Baldocci. Oltre a lui, il cda è di 11 componenti eletti dai soci, dunque dovrebbero dimettersi in quattro per far saltare tutto il cda. Tre consiglieri sono stati eletti dai soci su proposta della lista di minoranza Assogestioni, gli altri otto sono tratti dal listone del ministero dell'Economia. Compresi Guarguaglini e Orsi, sono: il dirigente generale del Tesoro Francesco Parlato, che ieri sera ha incontrato Guarguaglini, Franco Bonferroni (Udc), Giovanni Catanzaro (vicino a Ignazio La Russa), Dario Galli (Lega), Marco Iansiti, Guido Venturoni.

Se scattassero le dimissioni di almeno quattro consiglieri, tutti a casa, compreso Orsi, che ieri è rientrato dagli Usa e, secondo indiscrezioni, si sarebbe sentito con Monti e con il ministro dello Sviluppo Corrado Passera. Non è detto tuttavia che ci siano quattro consiglieri disposti a dimettersi, visto che sono espressi dal precedente governo. Questa soluzione sarebbe la più traumatica per una società quotata, ma c'è un precedente. Nel 2005 in seguito a una serie di dimissioni il cda decadde e fu rinnovato un anno prima della scadenza. Guarguaglini ‐ considerato l'ispiratore di alcune dimissioni ‐ ottenne la riconferma dal governo Berlusconi, l'anno prima delle elezioni in cui tornò al governo il centrosinistra.

Un'altra possibilità sarebbe la revoca delle deleghe di Guarguaglini, cioè strategie e relazioni esterne, con un voto a maggioranza del cda. Guarguaglini in tal caso sarebbe un presidente sfiduciato, una situazione nella quale non vuole trovarsi. Comunque un mesto epilogo per un manager che, con uno stipendio lordo di 4,3 milioni lordi nel 2010 e 14,5 milioni negli ultimi tre anni, è il più pagato in Europa nell'aerospazio e tra i primi dieci in Italia.

Orsi è stato scelto in aprile da Tremonti per i successi all'AgustaWestland. Ma forse non sarebbe riuscito a percorrere l'ultimo miglio senza il sostegno della Lega, che domina nel varesotto, dove sono le principali fabbriche dell'Agusta.

Circolano nomi di candidati al vertice Finmeccanica. Per la presidenza Gianni De Gennaro, o Amedeo Caporaletti. Ieri è stato da Catricalà anche Paolo Scaroni, a.d. dell'Eni. In passato sembrava interessato al vertice di Finmeccanica. Chissà se questi incontri ravvicinati sono solo una coincidenza.

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