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Questo articolo è stato pubblicato il 28 novembre 2011 alle ore 10:10.

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I vertici Ue in missione alla Casa Bianca: corsa contro il tempo per salvare l'euro (e i mercati mondiali). Nella foto da sinistra il presidente del consiglio europeo, Herman van Rompuy, il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama e il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso, durante l'ultimo vertice Ue-Usa del 2010 (Epa)I vertici Ue in missione alla Casa Bianca: corsa contro il tempo per salvare l'euro (e i mercati mondiali). Nella foto da sinistra il presidente del consiglio europeo, Herman van Rompuy, il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama e il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso, durante l'ultimo vertice Ue-Usa del 2010 (Epa)

Gli Stati Uniti «sono pronti a fare la loro parte per aiutare» l'Unione europea. Lo ha affermato il presidente americano, Barack Obama.
Obama, dopo un vertice con i responsabili dell'Ue, ha sottolineato che Washington ha «interesse nella riuscita» economica del Vecchio continente. Risolvere la crisi attuale «è estremamente importante per la nostra economia. Se l'Europa ha una contrazione della crescita, se l'Europa è in difficoltà, sarà molto più difficile creare posti di lavoro qui», ha aggiunto Obama, al fianco del presidente dell'Ue Herman Van Rompuy e di quello della Commissione europea Jose Manuel Barroso.

Nella nota congiunta diffusa al termine del vertice si legge che gli Stati Uniti «accolgono con favore le misure intraprese dalla Ue e la sua determinazione nell'intraprendere tutti i passi necessari ad assicurare la stabilità finanziaria dell'area euro e a risolvere la crisi». Usa e Ue inoltre «convengono sull'importanza di lavorare insieme alle economie emergenti per riequilibrare la crescita globale. Al vertice erano presenti anche il segretario di Stato, Hillary Clinton, e il segretario al Tesoro, Timothy Geithner.

La road map per il salvataggio dell'euro - ha detto il presidente della Ue, Herman Van Rompuy - sarà presentata il 9 dicembre, nel corso del vertice dei capi di Stato e di governo della Ue.

«È essenziale che l'Europa si muova in modo deciso per risolvere la crisi» ha detto il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney. Ma un problema con i conti pubblici lo hanno anche gli Stati Uniti. Proprio la scorsa settimana è fallito il negoziato tra democratici e repubblicani sulla riduzione del deficit. Anche l'Unione europea quindi auspica che gli Stati Uniti portino avanti la loro azione di consolidamento delle finanze pubbliche nel medio termine.

Nei giorni scorsi la stampa statunitense ha lanciato ripetuti allarmi sulla fine imminente della moneta unica, la Casa Bianca segue con attenzione l'evolversi della situazione e preme per una soluzione rapida. La debole asta dei titoli di stato tedeschi della scorsa settimana è un forte campanello d'allarme: la crisi potrebbe contagiare anche il nord Europa e la locomotiva tedesca, dopo le tensioni sui titoli di stato francesi.

Come se non bastasse il Financial Times pubblica il risultato di un'indagine commissionata a Dealogic con cui denuncia la stretta di liquidità che affligge le banche europee, quindi una stretta del credito che si ripercuoterà su tutto il continente: il buco delle banche europee nel 2011 sarebbe di 241 miliardi di euro, calcola il quotidiano britannico. Da qui il pressing dell'amministrazione Obama sull'Europa per intervenire in modo più deciso per evitare che la già fragile crescita mondiale deragli.

È in questo contesto di incertezza che il presidente americano incontra oggi a Washington il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso, e il presidente del consiglio europeo, Herman Van Rompuy, che lo informeranno sugli sviluppi dell'Europa. All'incontro sarà presente anche il segretario al Tesoro, Timothy Geithner, che in settembre aveva partecipato all'Ecofin in Polonia sollevando non poche critiche da parte degli europei, ai quali aveva cercato di dispensare consigli.

Con gli occhi all'economia nazionale in fase di rallentamento e in attesa dei dati sulla disoccupazione che arriveranno venerdì prossimo (le stime degli analisti indicano un tasso di disoccupazione fermo al 9% in novembre), Obama ribadirà la posizione americana: è necessario agire subito contro un crisi che rischia di avere un impatto peggiore dell'ondata di panico causata dal fallimento di Lehman Brothers. L'azione deve essere equilibrata, con un risanamento dei conti che non pregiudichi la crescita economica.

Nonostante il deficit e il debito elevati, Obama continua a premere per misure di rilancio dell'economia americana, aiutata anche dalla Fed che, a differenza della Banca centrale europea (Bce), è più aggressiva, per statuto, nell'agire: la banca centrale americana ha già eseguito tre manovre di allentamento monetario e mantiene da oltre due anni tassi fermi ai minimi fra lo 0 e lo 0,25 per cento. Lo statuto della Fed prevede due missioni: la stabilità dei prezzi e l'occupazione. Lo statuto della Bce ha impresso il controllo dell'inflazione.

La posta in gioco per gli Stati Uniti è alta: le economie americana ed europea sono fortemente intrecciate, soprattutto dal punto di vista dei mercati e il timore è che un collasso di una banca europea crei un'ulteriore stretta del credito che avrebbe conseguenze sull'economia reale. Gli equilibri fra le due superpotenze stanno evolvendo nel rispondere al nuovo ordine mondiale: l'ipotesi che i Paesi emergenti, fra i quali la Cina, possano aiutare l'Europa a uscire dalla crisi era impensabile fino ad alcuni decenni fa, quando gli usa erano considerati prestatore di ultima istanza. Una presenza cinese più forte in Europa preoccupa gli Stati Uniti, che temono un allentamento della pressione su Pechino per l'apprezzamento dello yuan.

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