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Questo articolo è stato pubblicato il 30 novembre 2011 alle ore 12:46.

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Palazzo di Giustizia, Tribunale di Reggio Calabria (Imagoeconomica)Palazzo di Giustizia, Tribunale di Reggio Calabria (Imagoeconomica)

La Procura di Milano e quella reggina vanno dritte al cuore della classe dirigente reggina e calabrese. Un uno-due che rischia di far barcollare la già traballante società calabrese. Il primo colpo sono gli arresti e le perquisizioni ancora in corso tra Milano e Reggio, il secondo le durissime parole di un magistrato reggino che vive 24 ore al giorno sul fronte antimafia.

Oggi, dunque, l'arresto di alcuni "insospettabili": Giuseppe Vincenzo Giglio, presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria per corruzione, rivelazione di segreti d'ufficio e favoreggiamento personale aggravato dalla finalità di favorire l'associazione mafiosa e di suo cugino in primo grado, medico a Reggio Calabria, Vincenzo Giglio, per concorso esterno in associazione mafiosa. Tra i destinatari delle perquisizioni c'è anche Giancarlo Giusti, giudice del Tribunale di Palmi, che è indagato per corruzione in atti giudiziari.

Ieri le durissime parole di Giuseppe Lombardo, sostituto procuratore a Reggio Calabria, che nel corso di un incontro a Bologna organizzato da Libera ha messo all'angolo proprio l'indolenza della magistratura nel dare la caccia alla cosiddetta "zona grigia". Andiamo con ordine. Erano mesi che a Reggio e a Milano giravano voci di arresti "eccellenti". Sono arrivati oggi e qualcuno negli ambienti giudiziari sussurra che i pesci grossi siano liberi ma ancora per poco. L'operazione condotta ancora una volta sull'asse Milano-Reggio Calabria ha acceso forse per la prima volta in maniera così intensa – secondo le ipotesi d'accusa contenute nell'ordinanza firmata dal gip Giuseppe Gennari nell'ambito dell'inchiesta condotta dal procuratore aggiunto di Milano Ilda Boccassini e dai sostituti Paolo Storari e Alessandra Dolci – sulla cosiddetta "zona grigia" che da sempre governa con la ‘ndrangheta gli affari e la vita socioeconomica in Calabria. Oltre al coinvolgimento dei due magistrati e del medico, infatti, sono stati arrestati Vincenzo Minasi, avvocato del foro di Palmi con studi a Milano e Como, per concorso esterno in associazione mafiosa, rivelazione di segreti d'ufficio, intestazione fittizia di beni, reati aggravati dalla finalità di favorire l'associazione mafiosa, Luigi Mongelli, maresciallo capo della Guardia di Finanza, per corruzione e Franco Morelli, consigliere regionale calabrese, per concorso esterno in associazione mafiosa, rivelazione di segreti d'ufficio e corruzione.

Morelli, ex Dc di lungo corso e già capo di gabinetto con l'ex Governatore Giuseppe Chiaravalloti, è uno dei politici più influenti dell'intera regione. Campione di incassi (voti) e uomo che fino a pochi giorni prima delle nomine assessorili in Giunta era vicinissimo all'attuale presidente Giuseppe Scopelliti. Una zona grigia che, ripetiamo secondo le prime emergenze investigative e in attesa degli sviluppi giudiziari, vede il riesplodere di quella miscela esplosiva già emersa in altre inchieste: politica, professionisti e servitori infedeli dello Stato. L'indagine ha però un altro pregio: qualora fosse necessario riporta alla luce le infiltrazioni (anzi: la penetrazione) degli affari illeciti riconducibili alle cosche calabresi, in Lombardia.

Tra coloro i quali sono stati toccati da ordine di custodia o raggiunti in stato di detenzione per altre vicende, ci sono infatti Francesco Lampada per corruzione e intestazione fittizia di beni, già detenuto per associazione mafiosa, concorso in usura e intestazione fittizia di beni, Giulio Giuseppe Lampada, per associazione mafiosa, corruzione, concorso in rivelazione di segreti d'ufficio, intestazione fittizia di beni e Leonardo Valle per associazione mafiosa, corruzione e intestazione fittizia di beni. Ai domiciliari, invece, e' finita Maria Valle, moglie di Francesco Lampada, per corruzione. Valle – tra la provincia di Pavia e recentemente fino al cuore di Milano – è una delle storiche famiglie che da Archi (motore pulsante della ‘ndrangheta reggina) alla fine degli anni Sessanta si sono insediate in Lombardia dove hanno messo solide radici.

Sulla necessità di attaccare la zona grigia, senza se e senza ma, come riporta la cronaca di Lucio Musolino, si è intrattenuto il giorno prima il pm Lombardo nel corso della manifestazione "Politicamente scorretto" a Bologna. Il magistrato reggino – pesantemente minacciato di morte e sotto rigida scorta – ha parlato di «inerzia, timidezza investigativa, espropriazione del ruolo del giudice, magistratura che si volta di fronte alle collusioni con la politica». Per Lombardo, «non è tollerabile che rimanga penalmente irrilevante il comportamento del politico che chiede reiteratamente sostegno elettorale al capomafia o a un soggetto affiliato alla medesima organizzazione, nella consapevolezza del ruolo criminale di questi. Appare evidente, infatti, che la immediata conseguenza di tale rapporto è la voluta e consapevole legittimazione dell'antistato». La sensazione è che sul ring della giustizia saranno assestati altri colpi alla zona grigia calabrese coinvolta in affari sporchi, collusa o connivente. Non resta che attendere.

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