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Questo articolo è stato pubblicato il 10 dicembre 2011 alle ore 09:27.

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BRUXELLES - L'ottavo vertice europeo dell'anno è terminato ieri mattina all'alba con un accordo che lascerà a molti l'amaro in bocca. Le misure adottate per risolvere la grave crisi del debito che sta scuotendo la zona euro rischiano di non essere sufficienti. Tuttavia, il modo in cui si è svolta la discussione, che ha segnato la spaccatura con la Gran Bretagna, potrebbe rivelarsi un'occasione per rafforzare la coesione tra i Paesi della moneta unica.

Dopo una notte di trattative, il Consiglio europeo ha annunciato ieri mattina una serie di misure per rafforzare la disciplina di bilancio, migliorare l'integrazione economica, potenziare i salvagenti finanziari nati sulla scia della crisi del debito. Incapaci di trovare un'intesa a 27 per riformare i Trattati, a causa dell'opposizione britannica, i Paesi hanno optato per un accordo intergovernativo a cui parteciperanno i 17 della zona euro e forse altri 9 Stati membri.

«Utilizzare questa strada - ha commentato il presidente della Commissione José Manuel Barroso - è più veloce. Da un punto di vista legale, non era la nostra prima opzione, ma è una soluzione che possiamo indirizzare nella giusta direzione». Ha aggiunto il presidente del consiglio europeo Herman Van Rompuy: «Abbiamo mancato la possibilità di una riforma dei Trattati, ma l'accordo intergovernativo sarà il più cogente possibile». La Casa Bianca invece ha visto «segni di progresso».

Durante le trattative di ieri notte, la Gran Bretagna ha posto come condizione per accettare una riforma dei Trattati un protocollo che avrebbe imposto l'unanimità per tutte le decisioni relative ai servizi finanziari. Gli altri Paesi non hanno voluto accettare questa richiesta: «Inaccettabile anche perché parte dei problemi dell'Europa vengono da questo settore», ha detto ieri il presidente francese Nicolas Sarkozy, che con il primo ministro David Cameron ha avuto uno scambio duro.

L'intesa di ieri notte prevede una rafforzamento della disciplina di bilancio con l'obiettivo di rassicurare i mercati sulla solidità della zona euro. Le misure sono almeno due: l'introduzione della regola sul pareggio di bilancio (pari a un disavanzo strutturale dello 0,5% del Pil) nelle Costituzioni nazionali e una riforma dell'articolo 126 dei Trattati per comminare sanzioni ai Paesi in deficit eccessivo (a meno dell'opposizione di una maggioranza qualificata del Consiglio).

Da un lato c'è un evidente salto di qualità nel monitoraggio dei conti pubblici e nella pressione reciproca tra i Paesi della zona euro. Dall'altro le scelte prese questa settimana a Bruxelles non rappresentano quel trasferimento di sovranità dalla periferia al centro che la Germania avrebbe voluto per meglio controllare - attraverso istituzioni sovranazionali - le politiche dei singoli Stati membri. Sarà sufficiente per rassicurare i mercati che chiedono una risposta politica alla crisi?
Ieri i Governi nazionali hanno fatto del loro meglio per presentare il pacchetto in un'ottica positiva, ricevendo l'appoggio di Mario Draghi, il presidente della Banca centrale europea, che ha definito l'intesa un «risultato molto buono per la zona euro». E ha aggiunto: «Si è arrivati a conclusioni che saranno dettagliate e attuate nei prossimi giorni, siamo vicini all'accordo sul patto di bilancio, una buona base per una disciplina nella politica economica dei Paesi membri».

L'adozione di un accordo intergovernativo senza la Gran Bretagna (mentre la Svezia e la Repubblica Ceca vogliono chiedere il benestare parlamentare), complica il funzionamento dell'Unione. Possono le istituzioni europee operare fuori dal quadro dei Trattati? Ieri la presidenza del Consiglio europeo ha fatto notare che il Trattato di Schengen ha creato il precedente che permette alla Commissione di convivere con l'accordo intergovernativo sulla libera circolazione delle persone.

Sul fronte finanziario, le decisioni di giovedì notte sono meno ambiziose delle speranze della vigilia. Il Consiglio ha deciso di dare maggiori risorse al Fondo monetario internazionale, ma la force de frappe dei due strumenti finanziari Efsf ed Esm - che verranno gestiti dalla Bce - sarà insieme di 500 miliardi di euro. I Governi hanno anche eliminato dalle conclusioni ogni riferimento alle obbligazioni europee, limitandosi a promettere di «lavorare su come approfondire ulteriormente l'integrazione fiscale».

I mercati ieri hanno lamentato il fatto che le nuove misure per rafforzare la zona euro «non sono probabilmente abbastanza», come spiega Jürgen Michels, di Citigroup. Nel frattempo, l'isolamento della Gran Bretagna è un elemento politico da non sottovalutare: «In un certo senso, il vertice - spiega Jean-Dominique Giuliani, presidente dell'Institut Schuman - dimostra che l'Europa non è più a due velocità. L'accordo non è stato firmato solo dai 17, ma anche da altri 9. Avere il benestare della Polonia o della Danimarca, spesso molto critiche, non è cosa da poco».

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