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Questo articolo è stato pubblicato il 18 dicembre 2011 alle ore 08:11.
Chi se ne sta occupando?
Il ministro della pubblica amministrazione avrà certamente un ruolo importante, come lo avranno evidentemente la Ragioneria e Palazzo Chigi, ma saranno tutti i ministeri a dover dare il loro contributo. Solo chi gestisce direttamente le spese per i vari programmi e missioni può indicare con efficacia dove si può andare a tagliare.
Ma i tempi? Detta così sembra un po' vaga.
Non lo è. È un lavoro serio che tutti noi, a partire dal presidente del Consiglio, consideriamo tra le priorità di questo Governo. Lo completeremo nei tempi necessari.
Intanto la spesa pubblica continua a crescere. Nell'ultimo decennio è passata da 600 a 750 miliardi. Ed è soprattutto quella corrente a spingere verso l'alto.
Nell'ultimo anno, però, si è registrata per la prima volta una inversione di tendenza. E in attesa della spending review non si può certo dire che stiamo con le mani in mano. Quello sulle pensioni è un intervento sulla spesa pubblica. Ed è un intervento mirato ad eliminare quella che è una delle anomalie strutturali dell'economia italiana: la previdenza pesava per un terzo sulla spesa pubblica italiana, solo da noi è così, è uno squilibrio evidentemente non sostenibile.
Sulle pensioni è stata fatta una riforma importante e coraggiosa. Va reso merito alla ministra Fornero.
Assolutamente, il suo è stato un lavoro difficilissimo. Le pensioni d'anzianità, in particolare, erano l'emblema di un trattamento troppo favorevole per la nostra struttura economica. Gli altri Paesi europei, anche più ricchi del nostro, erano meno generosi. Molti dicono: ma nel medio-lungo periodo il sistema era in equilibrio. È vero. Ma andava reso sostenibile subito. Perciò, più che cambiare, abbiamo accelerato al massimo il percorso che era già previsto. Certo, questo ha significato un doloroso cambio di abitudini e prospettive di vita per alcuni. Ma anche qui c'è il tentativo di rispettare un principio di equità, equità generazionale in questo caso.
Intanto però la manovra ricorre pesantemente alla leva fiscale. Tra Irpef, Imu e altri prelievi il Sole ha calcolato nuove imposizioni per 25 miliardi.
L'emergenza ci imponeva di intervenire senza attendere i tempi dei tagli di spesa. Usare la leva fiscale era una necessità. Ma come in tutti i capitoli di questa manovra abbiamo provato a farlo correggendo le anomalie strutturali della nostra economia. Il fisco italiano pesa troppo sulle attività produttive e poco sulle ricchezze private. Eppure il Paese è forte su patrimoni e risparmi e debole sul lato della crescita. Serve un riequilibrio. E noi abbiamo provato a cominciare a farlo.