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Questo articolo è stato pubblicato il 31 dicembre 2011 alle ore 08:13.

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Quella telefonata – categoricamente smentita dal Colle e da Berlino – sarebbe arrivata il 20 di ottobre, soli tre giorni prima delle risatine della coppia Merkel-Sarkozy su Silvio Berlusconi e l'affidabilità (derisa) del Governo italiano. Quell'ilarità complice dei due leader europei, andata in onda in mondovisione, è stato il primo vero scossone per il Cavaliere, un punto di non ritorno per la sua premiership o almeno per il suo prestigio internazionale. Prestigio invece di cui aveva enorme bisogno il Paese già da agosto sotto l'attacco dei mercati e nel pieno dell'escalation dello spread tra Btp e Bund. Dalle precisazioni di ieri del Quirinale, confermate dalla Germania, non vi fu alcuna richiesta della Merkel a "rimuovere" Berlusconi ma, di fatto, la pressione europea ed internazionale era fortissima e nemmeno più taciuta in pubblico come dimostrano, appunto, le risatine in occasione del Consiglio europeo del 23 di ottobre. È lì che comincia la storia di venti giorni di crisi finanziaria e politica.
Già perchè se l'andamento dello spread metteva sotto attacco il Governo, furono gli abbandoni – man mano – di vari esponenti Pdl a sancire lo sfarinamento della maggioranza ridotta a quota 308 nella famosa votazione sul rendiconto dello Stato dell'8 novembre. Insomma, il ritmo accelerato dell'emergenza economica e delle pressioni internazionali determinarono tra i parlamentari Pdl la convinzione che il Governo non sarebbe andato avanti. A fare il resto fu l'incubo del voto – minacciato da Bossi-Berlusconi – a far scattare la fuga verso l'Udc o il gruppo misto per evitarlo. Piccoli strappi che hanno aggiunto precarietà politica a quella finanziaria. E spianato la strada al Governo tecnico.
Ma prima di quell'8 novembre, già nuove spinte internazionali avevano indebolito l'ex premier e la fragile coabitazione con il suo ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. I due, palesemente, non si sopportavano, non si rivolgevano quasi la parola e a stento si salutavano perfino nei vertici europei. E questo è stato un altro fattore destabilizzante. Il siparietto sulla loro idiosincrasia era stato trasmesso da tutte le Tv in quell'altro vertice, l'ultimo, che ha visto Berlusconi ancora premier. 4 novembre, Cannes, G20: è lì che succede un po' tutto. Lo spread è ancora inchiodato su livelli allarmanti, la Borsa va male, i conti dell'Italia diventano uno dei focus principali del summit. Tant'è che il Fondo monetario internazionale decide di mettere sotto controllo i conti italiani e programmare una serie di ispezioni. Il racconto di Berlusconi sarà diverso: «Siamo stati noi a chiedere di monitorare i nostri impegni» ma in quello stesso giorno è il direttore generale Christine Lagarde a pronunciare una frase emblematica: «Sottoporremo l'Italia di Berlusconi al test della realtà».

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