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Questo articolo è stato pubblicato il 18 gennaio 2012 alle ore 13:51.

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Mario Monti (LaPresse)Mario Monti (LaPresse)

Conferma la volontà di portare fino in fondo la fase due a cominciare dalle liberalizzazioni che consentiranno «di offirire benefici, risparmi e benessere a un numero più elevato di cittadini senza per questo compromettere l'esistenza di nessuno». Si dice certo poi della necessità di proseguire sulla strada della lotta all'evasione perché chi oggi evade «offre ai propri figli un pane avvelenato». E, sull'Europa e sulla crisi del debito, sovrano ripete la sua consueta disamina. «Serve maggiore coesione europea» e guai a pensare che «la causa della crisi è l'euro» perché così facendo si scaricano sul Vecchio Continente «problemi e responsabilità anche di altri». In una intervista con Radio Vaticana, il premier Mario Montiribadisce l'agenda dell'esecutivo impegnato in queste ore a trovare la quadratura del cerchio sulla fase due, quella delle riforme e della crescita.

Avanti con le liberalizzazioni per offrire benefici e risparmi a più cittadini
Il nodo più spinoso resta al momento il fronte delle liberalizzazioni dove si moltiplicano i segnali di insofferenza delle categorie interessate. Il premier, però, è deciso a tirare dritto. «Serviranno a introdurre maggiori spazi per il merito, soprattutto a beneficio dei giovani e degli esclusi». Monti riconosce l'esistenza di «corporazioni che sono diventate chiusure corporative e non sempre sono state vissute come un bene di cui essere orgogliosi». Non ci si può dunque fermare ora, avverte il professore, perché procedere in questa direzione «denota coraggio, desiderio di non fuggire di fronte ai lupi della competizione internazionale». Occorre quindi aprire alcuni settori a una maggiore concorrenza perché «liberalizzare significa offrire benefici, risparmi e benessere a un numero più elevato di cittadini senza per questo compromettere l'esistenza di nessuno».

Chi evade le tasse offre ai propri figli un pane avvelenato
Monti rimarca poi la necessità di non sottrarsi ad altre sfide. Torna, rispondendo a una domanda di Radio Vaticana, sul tema della stretta sui controlli fiscali per dire che è un'azione «non certo ispirata a mire di vessazione o di accanimento. In quest'anno 2012 verrà dimostrato, con risultati certi, che alcuni, molti cosiddetti "soliti ignoti" diventeranno presto "soggetti noti" dal punto di vista fiscale». Bisogna insistere insomma in questa direzione avendo presente che chi «oggi evade le tasse reca danno ai concittadini e offre ai propri figli un pane avvelenato», rendendoli peraltro «cittadini di un Paese non vivibile».

La crisi: serve maggiore coesione europea, l'euro non è la causa
Sulla crisi che investe il Vecchio Continente il messaggio del premier non cambia. «Serve - dice - una maggiore coesione europea e serve combattere un rischio grave e cioè che l'euro, punto di arrivo, perfezionamento di un processo e pinnacolo molto audacemente innalzato sulla cattedrale dell'integrazione europea, si trasformi invece in un fattore di disintegrazione, di conflitto psicologico». Ripete Monti che la moneta unica «non è la causa della crisi» e che questo è solo «un pretesto o peggio un tentativo per scaricare sull'Europa problemi anche di altre realtà, che coinvolgono ulteriori responsabilità e ben altri interessi». L'euro, aggiunge Monti, va difesa e sostenuta perché rinunciarci «significherebbe abbandonare all'incertezza i più deboli e i più poveri». Per superare la crisi serve dunque «guardare avanti con coraggio, con speranza, ma anche riscoprire le proprie radici», alzando «la bandiera dei valori sopra gli interessi della moneta».

Il rapporto tra Stato e Chiesa? Un varco che abbatte gli egoismi
Monti accenna poi anche al ruolo della politica e, quando gli si chiede un commento sul rinnovato protagonismo dei cattolici nella vita pubblica, il premier si limita a ribadire che «alla crisi cittadini e istituzioni non devono rispondere fuggendo come di fronte ai lupi ma restando saldamente uniti». Non si scompone, invece, su temi cari alla Chiesa come il quoziente familiare («un primo segno è già contenuto nel decreto salva-Italia con la clausola di favore per l'Imu a seconda del numero di figli») o il cambiamento della legge per la cittadinanza ai minori stranieri («bisogna depurare il linguaggio da troppi eccessi e forzature che hanno contaminato il dibattito pubblico»). Ma ribadisce, eccome, il ruolo propulsivo del magistero del Papa e del contributo importante della Santa Sede e della Cei. Quanto al rapporto tra Stato e Chiesa, il professore rimarca che «può essere un ponte, un varco che abbatte i muri degli egoismi nazionali e rinsalda il senso di un'appartenenza che significa rispetto, responsabilità e solidarietà».

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