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Questo articolo è stato pubblicato il 19 gennaio 2012 alle ore 15:39.

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Il ministro del Tesoro italianano, Carlo Azeglio Ciampi, stringe la mano alla sua controparte olandese Gerrit Zalm durante il meeting a Roma. (archivio Ansa)Il ministro del Tesoro italianano, Carlo Azeglio Ciampi, stringe la mano alla sua controparte olandese Gerrit Zalm durante il meeting a Roma. (archivio Ansa)

Da una parte Germania, Olanda e i Paesi nordici, dall'altra Italia, Francia e qualche alleato estemporaneo su singoli capitoli del negoziato: questi in sintesi i due schieramenti che si stanno confrontando nella difficile partita avviata il 9 dicembre scorso dal Consiglio europeo, per arrivare entro fine mese alla stesura del nuovo Patto di bilancio ("Fiscal Compact") salva-euro a 26 (tutti gli Stati dell'Unione, meno la Gran Bretagna che si è chiamata fuori, ma partecipa alla fase negoziale).

Negli ultimi giorni fra Roma e Berlino non sono mancate le "punture di spillo" diplomatiche. Il presidente del consiglio Mario Monti ha ricevuto un cortese rifiuto alla richiesta di un ulteriore aiuto da parte dell'Europa: «L'Italia ha un'economia molto forte e ce la può fare da sola» ha detto Wolfgang Franz, capo dei consiglieri economici della cancelliera Angela Merkel. Monti non ha però incassato senza reagire: «Noi non chiediamo nulla alla Germania, ma va migliorata la governance dell'Eurozona» ha precisato alla stampa al termine dell'incontro con il premier britannico David Cameron a Londra.

Come a volte succede, la storia sembra quasi ripetersi. Ecco il titolo di apertura del "Sole 24 Ore" di martedì 10 marzo 1998: "Ciampi convince l'Ecofin. Risanamento sostenibile".Anche allora i conti dell'Italia erano all'esame dell'Europa. E il principale ostacolo restava la diffidenza di Germania e Olanda (rappresentata "dall'irriducibile ministro delle Finanze Gerrit Zalm" come si leggeva sui giornali) e dei banchieri centrali dell'Ime (l'Istituto monetario europeo, embrione della futura Bce) circa la nostra capacità di sostenere la riduzione del debito pubblico.

Le cifre sui conti pubblici italiani presentate all'Ecofin da Ciampi, all'epoca ministro del Tesoro nel primo Governo Prodi, aprirono la strada all'ingresso dell'Italia nell'euro. A Bruxelles Ciampi prende l'impegno a ridurre il rapporto debito/Pil al 100% entro sei anni (nel 2004) e al 60% in dodici (nel 2010): è la cosiddetta formula del 6 per 3 (3% in meno di debito sul Pil ogni anno per sei anni), che gli esperti del Tesoro giudicavano sufficiente per rientrare in un ragionevole arco nei termini dell'ultimo parametro di Maastricht. Per raggiungere l'obiettivo, Ciampi progettava di inserire nel Dpef triennale 1999-2001, un ampio programma di privatizzazioni e dismissioni di aziende pubbliche.

In effetti verso fine marzo 1998 sia l'Ime nel suo essenziale "Rapporto sulla convergenza" che la Commissione europea certificarono – seppure in maniera sofferta - che il nostro rapporto fra debito e Pil «andava riducendosi in misura sufficiente, avvicinandosi al valore di riferimento con ritmo adeguato» (come previsto dall'art. 104 C del Trattato di Maastricht), per cui il Consiglio europeo di inizio maggio 1998 poté includere l'Italia nella lista degli undici partecipanti alla moneta unica.

Ma dopo quasi 14 anni il rapporto debito/Pil dell'Italia, complice anche la crisi finanziaria internazionale, è ancora al 120 per cento. Per il negoziato in corso, c'è da pensare che molti nodi saranno ancora da sciogliere sul tavolo dell'Eurogruppo e dell'Ecofin del 23-24 gennaio e alcuni saranno probabilmente ancora irrisolti al Vertice Ue straordinario del 30 successivo. Le questioni più spinose sono quelle relative alla "semi-automaticità" delle sanzioni previste in caso di violazione del «criterio del disavanzo e del debito», come vorrebbero i tedeschi e gli olandesi. Anzi il governo dell'Aja ha assunto una posizione più rigorista di quella della Germania, forse per cause politiche interne alla coalizione di centro-destra guidata dal premier Mark Rutte.

Gli sforzi della diplomazia italiana mirano a far sì che, nello stabilire la congruità del ritmo di riduzione del debito, si tenga conto anche dei cosiddetti "fattori rilevanti", primo tra tutti il livello e la sostenibilità dell'indebitamento privato. Una tesi già sostenuta da Giulio Tremonti, come ministro dell'Economia di Berlusconi, che aveva raccolto un consenso di principio in sede Ue, ma che i mercati hanno mostrato di non condividere, spingendo l'Italia verso il poco confortante gruppo dei "Pigs", i "maialini" dell'acronimo inglese (Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna) a rischio per il pesante fardello del debito pubblico.

Anche la Francia come l'Italia guarda con favore al tema dei "fattori rilevanti"; inoltre ha aperto al rafforzamento della parte relativa alla crescita. Per Berlino ci deve essere un legame organico tra il nuovo Patto e la nascita già da luglio dell'Esm (European Stability Mechanism), il Fondo permanente salva-Stati con una dotazione base di 500 miliardi di euro, al posto del Fondo provvisorio Efsf (European Financial Stability Facility), per soccorrere i paesi dell'Eurozona che non sono in grado di finanziarsi sul mercato.

La Danimarca, che assicura la presidenza di turno della Ue e deve quindi gestire la crisi senza far parte dell'Eurozona, intende agire - ha detto il ministro danese degli Affari europei Nicolai Wammen - «come un ponte sopra le acque agitate» dell'Unione, per «preservare la coesione tra i 17 Paesi della zona dell'euro e gli altri dieci». La sfida a Copenahagen è nelle mani della nuova coalizione di impronta socialista e liberale guidata da Helle Thorning Schmidt, che ha voltato pagina dopo quindici anni di governo conservatore.

Si riuscirà ad approvare il nuovo Patto di bilancio nei tempi previsti e chi la spunterà? L'ultima bozza fatta circolare dal presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy accoglie sostanzialmente le istanze dell'Italia sulle modalità di riduzione del debito pubblico, pur non citando nel testo i riferimenti chiesti dal nostro governo al "Six Pack" (i sei atti legislativi per rafforzare la governance economica dell'Eurozona, in vigore dal dicembre scorso).

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