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Questo articolo è stato pubblicato il 21 gennaio 2012 alle ore 17:06.

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L'intervento dell'Esecutivo sui carburanti e sui distributori agisce in particolare su tre punti. Il primo è sicuramente la necessità di stimolare il self-service, per portarlo su livelli di diffusione «europei», ma anche sulla possibilità per i gestori proprietari dell'impianto di acquistare sul libero mercato la metà del proprio stock di carburante. Infine più trasparenza nei prezzi esposti, cancellando gli sconti "apparenti" nati sull'onda di un marketing esuberante ma di poca sostanza, che talvolta viene stimolato proprio dalle compagnie.

Norme che, secondo alcuni, sono in realtà troppo morbide, almeno rispetto alla prima bozza del decreto che prevedeva addirittura l'obbligo per i petrolieri di mettere sul mercato un terzo dei 23mila impianti presenti in Italia. Obbligo che viene quindi trasformato in «facoltà», dando la possibilità ai benzinai di accordarsi con le compagnie per riscattare gli impianti «ad equo indennizzo».

Sul fronte dei consumatori, tuttavia, sarà possibile verificare solo tra qualche mese se le nuove misure messe in campo dal governo Monti porteranno, alla fine, i risultati sperati. Che tradotto, banalmente, significa: benzina e gasolio meno cari, in un momento in cui, tra l'altro, i consumi complessivi di carburanti sono in flessione (-7,4% nel solo mese di dicembre). Il circolo virtuoso è quindi possibile ma non certo, visto che tra Iva e accise quasi il 70% del prezzo al litro se ne va, diciamo così, in contributi governativi. Perché tutto il self-service del mondo non potrà mai compensare l'ingordigia fiscale.



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