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Questo articolo è stato pubblicato il 28 gennaio 2012 alle ore 08:11.

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Le mosse degli investitori
Ma chi sta comprando titoli di Stato? Difficile dirlo con esattezza ma le indicazioni di analisti e trader convergono. «Le banche italiane continuano a essere i principali acquirenti di carta domestica», confermava ieri Sergio Capaldi, strategist di Intesa Sanpaolo. Ma sul mercato si sta affacciando, anche se in misura ancora ridotta, qualche investitore straniero, soprattutto da Francia e Germania. Certo sono lontani i tempi in cui investitori non europei, dai fondi canadesi a quelli asiatici, acquistavano debito italiano senza incertezza. Ma il fatto che anche alcune banche europee tornino a bussare alla porta del Tesoro italiano, dimostra come il mercato stia iniziando a percepire il nostro debito come un po' meno rischioso rispetto ai mesi passati, grazie alle riforme messe in atto del governo Monti e alla sua rinnovata credibilità in campo internazionale.
Ieri la domanda tuttavia non è stata eccezionale. Nel complesso il mercato ha richiesto oltre 15 miliardi a fronte dell'obiettivo di 11 miliardi che si era prefissato di mettere sul mercato il Tesoro. Un'asta quindi buona nel complesso, anche se "tirata", secondo alcuni analisti. Il rapporto domanda/offerta sul sei mesi «è il peggiore dell'ultimo anno sui T-bill italiani - spiega Alessandro Giansanti, analista obbligazionario di Ing -. Niente di allarmante ma l'indicazione che l'elevato ammontare di T-bill su cui il Tesoro ha puntato, e che sta arrivando sul mercato, potrebbe in futuro dare qualche problema in chiave di copertura delle aste». La prossima sfida è peraltro vicinissima: lunedì andranno in asta fino a 8 miliardi di BTp a 5 e 10 anni. E in questo caso, vista la scadenza medio-lunga, non ci sarà neppure più l'alibi della Bce.
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Le ultime emissioni dei Buoni italiani
Comincia a pesare, negli scambi fra operatori, la difficoltà dei leader europei nell'identificare soluzioni per la Grecia. Il rischio insolvenza non riguarda più solo Atene, ma inizia ad allargarsi sempre di più, coinvolgendo anche i Paesi periferici del continente.
L'epidemia greca contagia ufficialmente anche l'Italia: i timori del mercato per il fardello del debito e la bassa crescita del Paese fanno lievitare rapidamente li spread fino a quota 300. Pesa anche il declassamento a «spazzatura» dei titoli portoghesi da parte di Moody's.
Agosto è il primo vero mese nero delle Borse e del debito sovrano: S&P's declassa gli Usa; Piazza Affari arretra del 20%; lo spread supera quota 400, avviene il «sorpasso» della Spagna e inizia il sostegno della Bce. Il governo Berlusconi vara una maxi-manovra correttiva.
Italia e Spagna sono oramai individuate come bersaglio dell'attacco all'euro. Il 15 settembre Bce, Fed, Banca d'Inghilterra, Banca del Giappone e Banca centrale svizzera aprono una linea di credito in dollari per evitare uno shock di liquidità. Le banche continuano a crollare in Borsa.
Lo spread si mantiene elevato a quota 400 punti, peggiora la situazione della Francia, complice la crisi della banca Dexia. A fine mese l'asta dei BTp decennali sfonda per la prima volta il rendimento del 6 per cento.
Il 9 novembre è il giorno terribile per il debito italiano: lo spread con il Bund tocca quota 575 punti e i rendimenti su tutte le scadenze superano il 7%. Il governo Berlusconi si dimette.
Nasce il governo Monti, sostenuto da tutte le maggiori forze politiche. A inizio mese viene varata una nuova manovra (il cosiddetto «decreto salva-Italia») e lo spread cade a quota 370 punti. Nelle settimane successive, tuttavia, ritorna di nuovo la pressione sul debito del Paese e l'anno si chiude con lo spread a 518 punti. Le aste dei titoli italiani segnano tuttavia rendimenti in frenata.
L'anno inizia con un allentamento progressivo dello spread dell'Italia, grazie anche al programma di finanziamento a tre anni alle banche varato alla fine del mese precedente dalla Bce. Oltre a questo, colpisce il progressivo restringimento del differenziale italiano rispetto a quello spagnolo e a quello francese, mentre in asta i rendimenti tornano ai livelli di metà 2011.

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