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Questo articolo è stato pubblicato il 04 febbraio 2012 alle ore 19:53.

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Se il governo di Atene non metterà presto in atto le riforme promesse, la Grecia potrebbe fare fallimento nel giro di due mesi. Lo afferma in un'intervista al settimanale 'Der Spiegel' (in edicola lunedì prossimo) il capo dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker. Se ad Atene non si mette realmente mano alle riforme, precisa Juncker, non ci si potranno attendere «i gesti di solidarietà da parte degli altri».

Privatizzazioni aziende statali portate avanti non come previsto
«Se dovessimo constatare che in Grecia va tutto di traverso», afferma testualmente il premier lussemburghese, «allora non ci sarebbe nessun nuovo programma di aiuti, con la conseguenza che a marzo arriverebbe la dichiarazione di fallimento». Una simile prospettiva dovrebbe servire, secondo Juncker, a «fornire muscoli laddove al momento abbiamo ancora alcuni segni di paralisi». Sono le privatizzazioni delle aziende di Stato, in particolare, a non essere state portate avanti come previsto. «La Grecia deve sapere che sul tema delle privatizzazioni non molleremo la presa», aggiunge il premier lussemburghese, per il quale uno dei danni maggiori per l'immagine del Paese ellenico è costituito dal fatto che «esistono elementi di corruzione a tutti i livelli dell'amministrazione».

Venizelos, è sottile il confine fra soluzione e default
Il ministro greco delle Finanze, Evangelos Venizelos, ha ammesso che «il confine tra il corretto completamento delle procedure e un impasse è molto sottile» sottolineando che «i ministri dell'Eurozona non hanno più pazienza». Al termine dell'Eurogruppo telefonico di oggi, Venizelos ha detto che «c'è grande impazienza e pressione non solo dalla troika ma anche dagli Stati dell'Eurozona», spiegando come la conference call di oggi sia stata «molto difficile», ma allo stesso tempo abbia dato il via libera al piano per ricapitalizzare le banche greche e alle privatizzazioni. Restano ancora da definire due questioni: la liberalizzazione del mercato del lavoro - con l'abbassamento dei salari nel settore privato - e la manovra di bilancio correttiva per raggiungere gli obiettivi fissati per il 2012.

Serve un accordo con le banche entro il 13 febbraio
I negoziati con i creditori privati - in corso da tre mesi - sono bloccati a causa del disaccordo sui rendimenti dei bond che saranno offerti ai creditori in cambio della cancellazione del 50% del debito greco (necessaria per riportare il rapporto fra il debito sovrano e il Pil al 120% nel 2020 contro l'attuale 160%). I privati insistono su un rendimento minimo del 4% che limiti le perdite reali delle banche - valutate a circa il 60% del valore dei bond a fronte di un 50% nominale - ma sia il governo greco (e l'Eurozona) che l'Fmi vorrebbero invece attestarsi non oltre il 3%.
Un accordo è condizione necessaria per lo sblocco della tranche di aiuti europei, subordinato anche all'adozione di nuove misure di austerità. Il tempo per Atene, infatti, stringe: se non vi sarà un accordo con le banche entro il 13 febbraio, il prossimo rimborso dei prestiti - fissato per il 20 marzo - potrebbe rappresentare la certezza di un default.

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