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Questo articolo è stato pubblicato il 05 febbraio 2012 alle ore 08:11.

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François HollandeFrançois Hollande

Pubblichiamo l'intervista del 5 febbraio 2012 al candidato socialista alla presidenza francese

PARIGI - A due mesi e mezzo dal primo turno delle presidenziali, il 22 aprile, il socialista François Hollande continua a consolidare il proprio status di superfavorito. Negli ultimi tre sondaggi oscilla tra il 31% e il 34%, mentre Nicolas Sarkozy si colloca tra il 24,5% e il 26 per cento. E il distacco nell'eventuale ballottaggio è ancora più ampio.
La partita tra i due campioni della sinistra e della destra si giocherà ovviamente sui temi economici. Pochi giorni dopo la presentazione del suo programma - e l'indiretta risposta televisiva del presidente uscente - Hollande ha accettato di rispondere ad alcune domande del Sole 24 Ore. Insistendo sulla necessità di fare una politica di sostegno alla crescita e di ridiscutere il nuovo patto fiscale europeo, puntando decisamente sugli eurobond.

La sfida maggiore per il futuro presidente sarà quella di riuscire a coniugare risanamento dei conti pubblici e rilancio dell'economia. Come pensa di riuscirci?
Dall'inizio della campagna ho fatto della riduzione del deficit l'elemento pregiudiziale delle mie proposte. Non certo per far piacere alle agenzie di rating ma perché ogni euro speso per rimborsare il debito è un euro in meno per le politiche pubbliche. Ciò detto, non mi riconosco certo nelle politiche condotte dalle destre in Europa, che fanno del rigore e dell'austerità l'alfa e l'omega dei loro programmi. Credo, al contrario, che riduzione dei deficit e rilancio della crescita possano essere perseguiti nello stesso tempo. Mi rendo conto che si tratta di un percorso difficile, però esiste. Richiede lucidità nelle scelte economiche, ma anche decisioni coraggiose sul fronte fiscale che liberino la crescita e cancellino le scelte ideologiche che sono state fatte a detrimento del nostro sistema produttivo. Penso in particolare all'abrogazione delle tante agevolazioni fiscali, a una defiscalizzazione degli investimenti in ricerca mirata sulle piccole e medie imprese, alla modulazione del prelievo sulle imprese in funzione delle loro dimensioni.

La Francia ha enormi probemi di deindustrializzazione, di competitività, di efficacia nelle esportazioni, di costo del lavoro. Quali sono le sue proposte su questi temi?
Dal 2002 la Francia ha perso 750mila posti di lavoro nell'industria, 400mila dei quali dal 2007. Nei cinque anni dell'ultimo Governo di sinistra, dal 1997 al 2002, di posti ne sono stati creati 50mila. Oggi l'industria rappresenta solo il 13% del valore aggiunto del Paese, contro il 28% della Germania. È urgente invertire la tendenza. Ecco perché immagino una serie di misure, tre delle quali già citate nella risposta precedente, nel quadro di un Patto produttivo con le parti sociali programmatico e coerente. Costituiremo una banca pubblica d'investimento, in particolare nelle Pmi, finanziata dal risparmio di tutti i francesi. E faremo in modo di favorire fiscalmente le imprese che investono in Francia. Mi sembra che l'aspetto meno importante sia proprio quello del costo del lavoro, sostanzialmente uguale a quello tedesco.

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