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Questo articolo è stato pubblicato il 06 febbraio 2012 alle ore 22:21.
L'ultima modifica è del 06 febbraio 2012 alle ore 17:49.

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La commissione dei garanti del Pd ha deciso, all'unanimità, di espellere il senatore Luigi Lusi dal partito. Lo riferisce il presidente della Commissione, Luigi Berlinguer, durante una pausa dei lavori. Durante la riunione della commissione, spiega Berlinguer, «sono emerse gravi responsabilità da parte del senatore Luigi Lusi, non contestate» dal senatore stesso. «Tutto questo - aggiunge Berlinguer - ha posto con evidenza l'incompatibilità della permanenza del senatore Lusi nel Partito democratico. Si è deciso quindi di procedere con la sanzione più grave prevista dall'ordinamento» ovvero «la cancellazione, questo è il termine tecnico corretto, dall'albo degli elettori e dall'anagrafe degli iscritti». Una decisione «unanime», ha concluso Berlinguer.

Lusi, ex tesoriere della Margherita, è accusato di essersi appropriato di circa 13 milioni di euro destinati alle casse del partito. Negli ultimi giorni la procura di Roma che sta indagando sulla vicenda ha ipotizzato la possibilità di sentire anche altri esponenti del Pd. Il senatore non potrà fare appello contro la decisione dei garanti del Pd, ma nello stesso tempo non sarà costretto a dimettersi dal Senato.

Il commento di Lusi: scelta «volutamente infamante»
L'espulsione del senatore Luigi Lusi dal Pd è «volutamente infamante». Ad affermarlo, in una dichiarazione all'Ansa, è stato in serata lo stesso ex tesoriere della Margherita che ha commentato coì la decisione del Comitato dei Garanti del Pd.

Oggi dai pm i tre revisori dei conti della Margherita: le cose che non vanno iniziate nel 2007
«Abbiamo scoperto una serie di artifici contabili. Dei fagioli fatti passare per patate. Per questo, siamo andati dai pm e abbiamo detto ciò che siamo riusciti ad evidenziare». Lo hanno spiegato, lasciando il palazzo di giustizia, Gaetano Troina, Giovanni Castellani e Mauro Cicchelli che, nel giugno 2011, firmarono la «Relazione del collegio dei revisori dei conti sul rendiconto chiuso al 31.12.2010 Democrazia è Libertà - La Margherita». I tre si sono presentati al procuratore aggiunto Alberto Caperna e al pm Stefano Pesci, titolari dell'indagine su Luigi Lusi, per chiarire che «dietro a certe cifre c'era un'altra verità. Per noi le cose che non vanno sono cominciate dal 2007». Quando è esploso il caso Lusi «siamo saltati sulla sedia, perchè abbiamo capito di esser stati tratti in inganno. Anche se va tenuto presente che non abbiamo le funzioni ispettive di un collegio dei sindaci di una società. Come revisori, controllavamo la destinazione dei contributi per i rimborsi elettorali, non vedevamo le spese conclusive». Ai pm i tre hanno così spiegato perchè non si sono accorti prima di quello che non andava: «Dovevamo seguire il corretto accreditamento dei contributi elettorali. La società TTT (quella di Lusi, ndr) non era mica evidenziata. Non potevamo capire prima se ad una indicazione corrispondeva una cifra che è poi tutt'altra. Lo ripetiamo, lì sopra c'erano scritti fagioli ed invece erano patate».

Bondi: se fosse accaduto un caso simile nel Pdl ci avrebbero massacrati
«Il caso Lusi? Fosse accaduto a noi ci avrebbero massacrati, si sarebbe scatenato l'inferno. Credo nella buona fede di Rutelli, ma a parti invertite credo ci avrebbero già condannato per indegnità morale». Lo afferma Sandro Bondi, coordinatore del Pdl ospite della trasmissione la Zanzara su Radio 24. «La sinistra - dice - è inflessibile con gli altri ma cerca sempre di allontanare ogni sospetto. Vogliono sempre dimostrare la loro presunta superiorità morale».

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