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Questo articolo è stato pubblicato il 14 febbraio 2012 alle ore 06:36.
ATENE. Dal nostro inviato
Atene conta i danni e i feriti in un clima di calma apparente che ieri regnava nel centro della capitale il giorno dopo la notte di violente proteste di piazza degli incappucciati e black-bloc che hanno messo a ferro e fuoco sei edifici vicini a piazza Syntagma e piazza Omonia e non lontani dalla sede della Banca centrale di Grecia ricoperta di scritte anarchiche come «rubare per guadagnare denaro».
Dalle rovine del cinema Apollo usciva ancora un odore acre di fumo, come pure dalla sede della Banca Marfin (già incendiata un anno fa e dove trovarono la morte quattro impiegati) e dal vicino locale di Starbucks, tutti luoghi colpiti da bottiglie Molotov che hanno provocato incendi che si sono propagati ai piani superiori degli antichi palazzi borghesi del centro della capitale greca. Solo un miracolo ha evitato che ci fossero vittime negli edifici colpiti dalla furia omicida di questi gruppuscoli di terroristi che hanno colpito simboli (banche e multinazionali) di quello che loro ritengono un complotto internazionale contro il loro Paese. Azioni violente e nichiliste che incredibilmente hanno ricevuto il sostegno e gli applausi della folla e dei manifestanti che assistevano agli attacchi incendiari. Una notte dove la polizia è sembrata sul punto di perdere il controllo della situazione e il Paese ha rischiato di superare quella sottile linea rossa che porta dalla guerriglia urbana alla guerra civile. Il Paese è stanco e provato da due anni di rivolgimenti sociali e politici.
La scorsa notte il Parlamento greco ha votato le riforme di austerità (la quinta manovra in tre anni) ma i greci ormai rassegnati non sono affatto convinti che tutto questo basterà. Troppe volte hanno sentito che quella era la manovra definitiva per poi risvegliarsi la mattina dopo e sentire che a Berlino qualcuno chiedeva ancora di più. Il portavoce di Angela Merkel, Steffen Seibert, ha detto che ora la Grecia deve realizzare le riforme strutturali per «liberare le forze produttive» e deve portare il rapporto deficit-Pil al 120% entro il 2020.
Il braccio di ferro con l'Europa continuerà, tutti ne sono convinti, visto che all'appello mancano ancora due importanti passaggi: la copertura di 326 milioni di tagli rimasti nel limbo di una riduzione delle spese militari (dopo la decisione di non tagliare le pensioni minime e complementari) e la firma di un impegno scritto a realizzare le misure appena approvate da parte dei segretari dei tre maggiori partiti, così che anche dopo il voto anticipato ad aprile, forse l'8, l'Europa possa essere garantita dal rispetto dei patti anche dal nuovo esecutivo. L'annuncio del voto rafforza le voci di un rimpasto che permette la tenuta fino alla fine di marzo.