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Questo articolo è stato pubblicato il 18 febbraio 2012 alle ore 09:26.
FRANCOFORTE. Il presidente della Germania, Christian Wulff, si è dimesso ieri mattina travolto da uno scandalo finanziario, aprendo un problema politico non di poco conto per il cancelliere Angela Merkel. Le dimissioni di Wulff rappresentano un doppio colpo all'autorità del cancelliere: era stata infatti la signora Merkel a imporne l'elezione due anni fa e la scelta del successore è ora complicata dal fatto che la maggioranza che sostiene il Governo non ha più i voti per eleggere da sola il prossimo capo dello Stato. Tanto che lo stesso cancelliere ha dovuto dichiarare ieri che la scelta verrà fatta insieme all'opposizione.
La vicenda del presidente della Repubblica è arrivata ieri mattina alla sua logica conclusione, con un breve annuncio al Palazzo Bellevue di Berlino, dopo che Wulff si era trovato da mesi sotto pressione, ma è stata fatta precipitare giovedì sera dalla richiesta della Procura di Hannover che venisse rimossa l'immunità del capo dello Stato. Questi è accusato dalla fine del 2011 di aver ricevuto anni fa un prestito da 500mila euro a condizioni di favore da un imprenditore locale quando era presidente della regione della Bassa Sassonia, per l'acquisto di una villa. La sua posizione si è aggravata con l'omissione del finanziamento nelle sue dichiarazioni e con una serie di altri passi falsi venuti alla luce nel frattempo, fra cui vacanze pagate da un produttore cinematografico e, soprattutto, pesanti minacce telefoniche al direttore del quotidiano popolare "Bild" se avesse pubblicato altre notizie sul suo conto. Wulff ha dichiarato ieri di non aver commesso illeciti, ma ha dovuto ammettere che la fiducia nei suoi confronti era ormai venuta meno.
Il suo caso personale si trasforma però ora in un caso politico per il cancelliere Merkel, oggi all'apice della sua popolarità. Il capo del Governo aveva puntato tutto su Wulff nell'elezione presidenziale del 2010, qualcuno sostiene anche per togliersi di torno un futuro rivale alla guida del partito. Va detto inoltre che lo stesso Wulff era stato chiamato a sostituire il predecessore Horst Kölher, l'ex direttore del Fondo monetario, anch'egli sponsorizzato fortemente dalla signora Merkel e a sua volta costretto alle dimissioni. L'unico vantaggio per il cancelliere è che il caso Wulff si chiude ora, a una distanza sufficiente dalle elezioni politiche che si terranno nel 2013, da minimizzarne il costo elettorale. Il Governo è però alle prese con due voti regionali nella Saar e nello Schleswig-Holstein nei prossimi mesi e soprattutto con alcuni voti parlamentari sulle questioni europee, dove diversi deputati hanno espresso dei dubbi sulla posizione del governo mettendone a rischio la maggioranza.
Intanto, però, si apre la questione della successione. A differenza di due anni fa, la coalizione di governo - composta dai democristiani della Cdu/Csu e dai liberaldemocratici della Fdp - non ha più la maggioranza fra i 1.244 membri dell'assemblea federale che elegge il presidente (e deve farlo entro un mese). Quest'organo è composto dai membri dei due rami del Parlamento e dai rappresentanti dei Laender, dove la coalizione di Governo ha subito negli ultimi due anni una serie di pesanti sconfitte. Per questo, l'apertura apparente della signora Merkel all'opposizione nella dichiarazione di ieri è in realtà un passo obbligato.
Il cancelliere, che già a partire da oggi incontrerà i leader dei partiti, potrebbe aggirare il problema proponendo il candidato che nel 2010 fu scelto dall'opposizione dei socialdemocratici e dei verdi, il pastore evangelico ed ex oppositore del regime comunista in Germania Est, Joachim Gauck, che anche allora era assai più popolare nel Paese rispetto a Wulff. Si tratterebbe di un voltafaccia clamoroso per la signora Merkel, ma anche di un gesto che alla lunga potrebbe avere un costo politico relativamente basso, considerato che il capo dello Stato è in Germania una figura poco più che di rappresentanza.
L'alternativa è la scelta di una figura di alto profilo fra i democristiani. È circolato ieri il nome del ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble, che senza dubbio gode del rispetto necessario nel Paese. Ma privarsi della sua esperienza, in questa fase delicatissima della crisi dell'Eurozona, potrebbe essere un azzardo che la signora Merkel non si può permettere, anche se negli ultimi giorni sono circolate indiscrezioni su divergenze di vedute fra il cancelliere e il suo ministro più importante: la prima decisa a non lasciar finire in default la Grecia, seppure alle condizioni tedesche, per evitare conseguenze imprevedibili per l'Eurozona; il secondo più scettico sulla capacità della classe politica greca di mettere in atto le promesse di rigore e riforme economiche avanzate in cambio del secondo pacchetto di aiuti.
Altri possibili candidati sono i ministri della Difesa Thomas de Maizière, del Lavoro Ursula van der Leyden, il presidente del Bundestag Norbert Lammert e l'ex ministro Klaus Töpfer, o persino una figura super partes come il presidente della Corte costituzionale, Andreas Vosskuhle.
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