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Questo articolo è stato pubblicato il 19 febbraio 2012 alle ore 16:15.

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Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono due fucilieri della Marina italiana, del Reggimento San Marco, che avevano il compito di garantire la sicurezza a bordo della petroliera italiana «Enrica Lexie», appartenente alla società napoletana «Fratelli D'Amato». I due militari partecipavano all'operazione «Ocean Shield» della Nato.

Da «Allied Provider» a «Ocean Shield»
La prima operazione era denominata «Allied Provider», poi è divenuta «Allied Protector» e, da agosto 2009, «Ocean Shield». L'Italia partecipa alle operazioni di antipirateria, autonomamente o all'interno di alleanze/coalizioni continuativamente dal 2005. Quale membro della Nato, il Paese fa parte della missione Ocean Shield con una unità navale tipo "fregata", la «Grecale» .

Il corpo della Marina
Dal reggimento San Marco provengono gli uomini impiegati nei cosiddetti «Nmp», i Nuclei militari di protezione, che da ottobre - dopo la definizione del quadro normativo a luglio e la successiva firma di un protocollo d'intesa tra la Difesa e Confitarma, l'associazione degli armatori - vengono imbarcati sui cargo che lo richiedono, per contrastare la minaccia dei pirati. Latorre e Girone fanno parte di un personale «iper-specializzato», come spiega il capitano di corvetta Marco Guerriero, ufficiale del reggimento che ha seguito passo passo la nascita degli Nmp. Le regole di ingaggio, spiega Guerriero, prevedono l'uso della forza «graduata e proporzionale all'offesa».

In concreto, quando viene avvistata un'imbarcazione sospetta, in primo luogo si cerca di attirarne l'attenzione in vari modi (via radio, con segnali visivi e sonori) per fargli cambiare rotta. Se ciò non avviene, e si notano altre stranezze, come magari la presenza di armi a bordo, l'allerta si innalza ulteriormente e si ricorre ai cosiddetti «warning shots», cioè dei colpi di arma da fuoco in aria a scopo dissuasivo. Poi si spara in acqua, sempre a distanza di sicurezza. Gli spari diretti sull'imbarcazione, quindi, sono solo l'extrema ratio.

Emergenza pirati: un costo dai sette ai 12 miliardi di dollari
I pirati minacciano le rotte più nevralgiche dal punto di vista commerciale: Corno d'Africa, Stretto di Malacca, Bangladesh, Indonesia, mare Arabo, Sud America e Caraibi. Nel 2010 gli attacchi alle navi mercantili in tutto il mondo sono stati 445. I membri degli equipaggi presi in ostaggio sono stati quasi 1.200. Tutto questo si traduce in un costo economico che viene stimato tra i sette e i 12 miliardi di dollari. Secondo i dati dell'International Maritime Bureau (Imb), nel primo trimestre del 2011 gli incidenti provocati dai pirati somali sono saliti a 97 contro i 35 del primo trimestre del 2010. Su un totale di 97 navi attaccate nell'area 37 erano petroliere e, di queste, 20 avevano una portata lorda di oltre 100mila tonnellate.

Nel trimestre i sequestri di navi sono stati 18, con 344 marittimi presi in ostaggio e sei rapiti. Le navi abbordate sono state 45 e altre 45 navi sono state colpite con armi da fuoco. Sette marittimi sono stati uccisi e 34 feriti. Al 31 marzo i marittimi tenuti in ostaggio dai pirati somali a bordo di 28 navi erano 596. Sono stati pagati riscatti per una media di 5,4 milioni di dollari per nave, contro i 150mila dollari del 2005. Secondo l'associazione americana One Earth Future, lo scorso anno sarebbero stati pagati complessivamente riscatti per 238 milioni di dollari Per quanto riguarda l'Italia, nel 2009 l'Inail (allora Ipsema) ha promosso una copertura assicurativa ad hoc contro il rischio pirateria.

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