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Questo articolo è stato pubblicato il 24 febbraio 2012 alle ore 18:10.

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Nella foto gli operai licenziatiNella foto gli operai licenziati

La Fiat «non intende avvalersi delle prestazioni lavorative» dei tre operai di Melfi reintegrati in base alla sentenza dalla Corte di appello di Potenza, accogliendo il ricorso della Fiom. L'azienda ha inviato un telegramma ai tre operai: lo ha reso noto all'Ansa uno degli avvocati della Fiom, Lina Grosso. Il legale ha inoltre spiegato che «sarà fatto di tutto per riportare al lavoro i tre operai, anche agendo in sede penale, perchè la Fiat come al solito non rispetta la sentenze». I tre operai - secondo quanto si è appreso - percepiranno regolarmente gli stipendi maturati fino a questo momento e quelli successivi alla sentenza di ieri. In particolare, per quelli maturati sarà corrisposta loro la differenza tra il sussidio di disoccupazione e il salario dovuto.

«La Fiat non si smentisce mai. Non rispettare le sentenze é, ancora una volta, un esempio del suo cattivo rapporto con il Paese e con la Magistratura». Per il segretario confederale della Cgil, Vincenzo Scudiere, «il gruppo automobilistico torinese non coglie l'occasione prospettata dalla sentenza di ieri per reintegrare i tre lavoratori decidendo di tenere aperto un conflitto che andrebbe invece sanato per il bene del Paese e della Fiat stessa«.

Il precedente
Un telegramma simile, con il quale la Fiat comunicava l'intenzione di non avvalersi delle loro prestazioni lavorative, fu inviato dall'azienda torinese il 21 agosto 2010, dopo il primo reintegro di Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli. Al rientro in fabbrica ai tre fu consentito di superare i tornelli dello stabilimento di Melfi (Potenza) ma non fu permesso di andare sulle linee di produzione e fu assegnata loro una stanza per svolgere attività sindacale (Barozzino e Lamorte erano rappresentanti sindacali, mentre Pignatelli un iscritto alla Fiom). I tre si opposero alla decisione dell'azienda e uscirono dallo stabilimento lucano: quindi dal luglio del 2010, quando furono licenziati, i tre non sono mai più andati a lavorare sulle linee di produzione.


Marchionne fa preoccupare Bersani e sindacati
È polemica anche sulle dichiarazioni dell'amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne, che in una lunga intervista al Corriere della Sera spiega che gli stabilimenti italiani hanno «tutto per cogliere l'opportunità » di esportare negli Usa, «ma se non accadesse dovremmo ritirarci da due siti dei cinque in attività». Scegliere quale, afferma, sarebbe «come La scelta di Sophie, il film in cui alla fermata del treno il nazista chiede a Sophie uno dei suoi figli». Gli Usa, dice Marchionne, «hanno chiuso un certo numero di fabbriche» e questo dà la possibilità a «Messico, Canada o Europa» di soddisfare «un terzo della domanda di auto».

Immediata la reazione dei sindacati, ma anche dal mondo politico, con il leader del Pd, Pierluigi Bersani, che parla di «notizie di certo non buone» da Marchionne. Per il responsabile Auto della Fiom, Giorgio Airaudo, il governo deve convocare subito la Fiat «se vuole fare l'interesse degli italiani e dell'Italia». Anche il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, giudica «ancora una volta preoccupanti» le dichiarazioni dell'ad della Fiat: «La scelta di Sophie, di cui parla Marchionne, sugli stabilimenti da sacrificare, è stata già fatta e si chiama Termini Imerese. In Italia non ci sono stabilimenti da chiudere perchè sono tutti il fiore all'occhiello efficienza». Butta, invece, acqua sul fuoco, il numero uno della Fim, Giuseppe Farina: «Se le macchine non si venderanno è ovvio che qualche problema ci sarà, ma ci sono tutte le intenzioni di confermare gli investimenti, mantenere gli impianti e l'occupazione».

L'Ugl chiede a Marchionne «di convocare i sindacati se è cambiato qualcosa», mentre per la Fismic «è la Fiom che vuole chiudere gli stabilimenti». Nell'intervista Marchionne, che elogia Monti perchè «in pochissimo tempo, ha dato al mondo l'idea di un Paese che sta svoltando, un successo incredibile», parla anche dell'articolo 18: «ce l'ha solo l'Italia. Meglio assicurare le stesse tutele ai lavoratori in uscita in modi diversi, analoghi a quelli in uso negli altri Paesi». Quanto alla Fiom «se si assume le sue responsabilità può rientrare già adesso. Ma temo che Maurizio Landini» stia facendo «una battaglia politica», mentre Susanna Camusso «forse parla troppo della Fiat e di Marchionne sui media, e troppo poco con noi».

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