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Questo articolo è stato pubblicato il 04 marzo 2012 alle ore 18:16.

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MOSCA – La vera novità potrebbe essere quella lacrima: Vladimir Putin si è commosso davanti ai suoi, quando è andato a reclamare la vittoria davanti alle mura del Cremlino. Non avrà bisogno di un secondo turno. Rispettando le previsioni degli ultimi giorni, Putin ha superato la soglia del 50% dei voti che gli consente di tornare dopo quattro anni al Cremlino senza piegarsi a un ballottaggio. Ha risalito la china da quel 37% che i sondaggi gli attribuivano in dicembre, ma le proteste hanno comunque lasciato il segno.

I primi exit polls diffusi a Mosca alla chiusura degli ultimi seggi di Kaliningrad (alle sei ora italiana) hanno attribuito a Putin il 58,3% dei voti, poi il risultato è salito oltre il 60% ondeggiando di qualche punto man mano che la Commissione elettorale centrale diffondeva le percentuali delle schede scrutinate, avvicinandosi a Mosca. Cruciali saranno i voti raccolti qui, nella capitale, e nella città di Putin, Pietroburgo. In base al 31,98% delle schede scrutinate Putin è dunque al 63,57%, distaccando l'eterno rivale, il leader comunista Ghennadij Zjuganov, al 17,2. Terzo, in ascesa perché al debutto in politica e forte dei voti della protesta, l'oligarca dei metalli Mikhail Prokhorov (7,2%),davanti al nazionalista Vladimir Zhirinovskij (7,12), e a Serghej Mironov, ultimo con il 3,7% dei voti.

Nel 2000, poco conosciuto dagli elettori, Putin aveva vinto con il 52,94%, nel 2004 con il 71,31 per cento.

Per i suoi sostenitori i numeri esatti hanno poca importanza. È grande festa. Lo aspettano. Il centro di Mosca è invaso da decine di migliaia di persone e da bandiere tricolori, da piazza Pushkin fino al Maneggio a fianco della piazza Rossa. Poco più lontano, lungo l'enorme Kutuzovskij Prospekt, d'improvviso si fa silenzio e deserto, tra buio e neve le volanti della milizia bloccano ogni auto. E poi sfreccia tra le sirene il corteo del nuovo presidente, dopo pochi minuti Putin è sul palco azzurro davanti a forse 100mila persone, accanto a Dmitrij Medvedev che, presumibilmente, prenderà il suo posto come premier.

Gli occhi di Putin sono rossi, gli scivola una lacrima. Ma i suoi sono toni di guerra. Ringrazia chi lo ha appoggiato, per due volte ricorda di aver mantenuto la promessa: «Ho detto che avremmo vinto, abbiamo vinto - grida – gloria alla Russia!». Poi, l'attacco al popolo delle proteste. «Con questa vittoria – tuona Putin – abbiamo respinto la provocazione di chi vuole spaccare il Paese e usurpare il potere».

Le voci di brogli «sono ridicole», aveva detto il regista che ha guidato la campagna elettorale di Putin, Stanislav Govorukhin, questo voto «è il più pulito di tutta la storia russa». Dal fronte opposto la voce di Serghej Udaltsov, leader del Fronte di sinistra e uno dei voti più noti delle proteste anti-Putin: «Queste non sono state elezioni, ma una vergogna – ha commentato – di nuovo, hanno sputato in faccia a tutti noi. Lunedì scenderemo in piazza!».

L'appuntamento è a piazza Pushkin, qui l'armata della protesta darà la sua risposta. Per tutta la giornata, come in dicembre, 27mila osservatori avevano iniziato fin dal mattino a denunciare violazioni, stampando sul web foto di verbali manomessi o rincorrendo autobus sospetti, i cosiddetti "karusel", gruppi di persone pagate o semplicemente portate da un seggio all'altro per votare piu' di una volta. Una pratica resa possibile dai certificati che consentono di votare fuori dai luoghi di residenza, come nei seggi allestiti per i viaggiatori nelle stazioni del Paese.

Questa volta, le autorità non si sono fatte prendere alla sprovvista. Già nei giorni scorsi Putin aveva anticipato le accuse di brogli attribuendoli a sua volta all'opposizione, facendo mostrare in tv prove di presunte violazioni fabbricate prima del voto. Ma soprattutto, aveva fatto installare in 91mila seggi su 95mila due piccole videocamere da seguire su internet, dando a chiunque la possibilità di monitorare le operazioni di voto in ogni angolo del Paese. Un sistema non immune da critiche e dubbi (le telecamere si sono spente alla chiusura dei seggi), ma sufficiente a far dire ad Andrej Isajev, alto funzionario di Russia Unita, che le elezioni russe del 4 marzo «possono essere un modello per gli altri Paesi, poiché nessuno al mondo ha mai compiuto uno sforzo simile per assicurare voto e conteggio trasparenti».

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