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Questo articolo è stato pubblicato il 04 marzo 2012 alle ore 14:31.

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MOSCA – Un Grande Fratello all'incontrario: nelle elezioni presidenziali in corso oggi in Russia, gli occhi dietro le telecamere sono quelli della gente, e sono più di un milione. "Putin ha bisogno di legittimità", spiega a Mosca l'onorevole Andrea Rigoni, tra gli osservatori del Consiglio d'Europa.

Così, per certificare un voto che l'opposizione già ritiene pesantemente inquinato, il candidato numero 1 alla presidenza ha fatto installare in 91mila seggi due webcam, una sul tavolo dei funzionari di seggio e una sulle urne, per una spesa totale di circa 400mila euro. Fino alla mezzanotte di sabato chiunque poteva registrarsi sul sito http://webvybory2012.ru/, scegliere un gruppo di località sparse per il Paese e, all'apertura del seggio, puntare gli occhi sulle operazioni di voto alla ricerca di irregolarità.

A otto fusi orari di distanza da Mosca, le regioni dell'Estremo Oriente russo hanno iniziato a trasmettere quando nella capitale era ancora mezzanotte: le telecamere si spegneranno prima del conteggio dei voti, alle 18 di domenica ora italiana. In breve, accanto alle denunce di violazioni e "caroselli" testimoniati dagli osservatori (persone trasportate da un seggio all'altro in autobus, con la possibilità di votare più di una volta), la Rete è stata inondata dalle immagini trasmesse dalle telecamere.

Un volo appassionante per ogni scuola della Russia, l'illusione di essere vicini ai mille e mille volti che sfilano con la scheda in mano sullo schermo del computer: dal Caucaso alla Siberia, unica eccezione le zone più remote dove l'installazione delle telecamere non è stata possibile per problemi logistici.

E' certo che chi avrà la pazienza di non cambiare programma ne vedrà delle belle. Su Facebook è subito apparso un seggio ceceno dove sul tavolo della presidenza è appoggiato un kalashnikov; a Vodogon, vicino a Novgorod, si vede una guardia appisolata con le gambe sul tavolo e la testa dentro la cabina elettorale. Voliamo a Babajurt, in Daghestan, sembra tutto in ordine mentre il flusso dei votanti è continuo, in uno stretto spazio tra tavolini e urne; a Elista, capitale della Calmucchia, tutto ciò che si riesce a constatare è la fatica che si fa a infilare la scheda – enorme – nella fessura. In Ciukotka, di fronte all'Alaska, il collegamento non funziona.

Urus Martan, tra i monti della Cecenia meridionale: c'è talmente tanta gente che non si vede nulla, si accalcano attorno alle urne e qualcuno ci si appoggia pure sopra per votare, dietro le tende si infilano anche in tre. Due uomini con occhiali scuri e colbacco di pecora parlano fitto, poi uno ammicca verso la webcam e se ne vanno. Ci sarebbe qualcosa di poco chiaro da riportare?

Difficile dire quanto servirà questa operazione trasparenza: nessuno dei brogli documentati nel voto di dicembre è stato accolto dai tribunali. Inoltre, spiega Andrea Rigoni, "il vero broglio professionale è la somma di piccole violazioni invisibili". Scrutatori che saltano i numeri contando, pressioni sui dipendenti nei posti di lavoro, voti fasulli raccolti nelle case o negli ospedali, verbali compilati senza dare la possibilità di controllo agli osservatori, schede di un candidato aggiunte al mucchio di un altro. In Rete è apparso il foglio di un elenco di nomi con note a matita a fianco, presumibilmente gli orari in cui è stato comunicato l'arrivo.

"Non verrà", è scritto a fianco di un nome. Spiegano che spesso dai seggi telefonano a casa, si informano sulle intenzioni dell'elettore, votano per lui se comunica che si asterrà.
"Non avendo un avversario credibile Putin vincerebbe comunque, anche in assenza di tutto questo – dice ancora Rigoni – e questa è la dimostrazione che ha paura. Non gli basta superare il turno con un 50% più un voto: per poter ribadire che in Russia comanda lui ha bisogno di percentuali più alte. Non può correre rischi: sa che se soltanto lascia aprire una falla, l'intera diga crollerà".

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