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Questo articolo è stato pubblicato il 05 marzo 2012 alle ore 20:57.
L'ultima modifica è del 05 marzo 2012 alle ore 12:12.

Cresce la tensione fra Roma e New Delhi nella vicenda che vede al centro i due marò arrestati perché accusati dell'uccisione di due pescatori in acque internazionali, fatto accaduto il 15 febbraio mentre erano in servizio anti-pirateria a bordo della petroliera Enrica Lexie. Il sottosegretario agli Esteri, Staffan De Mistura, ha trattato a lungo «con le autorità del carcere di Trivandrum, nello stato del Kerala, dove mi trovo ora, per evitare che i due militari italiani», Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, «entrino nella prigione», accanto «a criminali comuni». L'ordine di trasferire in cella i due fanti di marina era stato dato stamane dal giudice distrettuale di Kollam. Il governo italiano ha stigmatizzato come «inaccettabile» la misura. A tarda notte De Mistura era ancora seduto nell'anticamera della prigione di Kollam e non aveva alcuna intenzione di muoversi in assenza di una soluzione accettabile.
Finora le autorità indiane li avevano ospitati, pur se segregati, in "guest house" e residenze militari ma il tribunale di Kollam, davanti al quale i marò in arresto sono comparsi alle 11 di questa mattina (ora italiana), ha deciso di trasferirli in carcere. Il giudice ha stabilito che i due militari ricevano comunque un trattamento differenziato, dato il loro status particolare, ma ha lasciato alla polizia e alla direzione generale delle prigioni la libertà di disporre in seguito una diversa forma di custodia. L'avvocato dei due militari italiani, Raman Pillai, aveva chiesto al giudice un «trattamento benevolo» in quanto si tratta di soldati in servizio anti pirateria su una nave «non ostile», sottolineando al tempo stesso la campagna negativa della stampa indiana, che li ha chiamati «banditi del mare».
Il legale aveva ricordato inoltre le buone relazioni diplomatiche tra Italia India e che «nessuno è colpevole fino a quando non ci sia una sentenza». Nella petizione presentata oggi al giudice del tribunale di Kollam, è stato chiesto che ai militari sia servito «cibo conforme alla loro dieta», che sarà «procurato e pagato dalle autorità consolari». I termini del fermo di polizia dei due fucilieri, nelle mani delle autorità indiane dal 20 febbraio, sono scaduti oggi mentre per domani sono attesi gli esiti degli esami balistici iniziati la scorsa settimana. Non si attenuano intanto le pressioni politiche e sociali intorno alla vicenda. Contro ogni indulgenjza nei confronti dei due marò si è espresso il premier del Kerala, Oommen Chandy, sostenendo al Times of India che nei confronti dei militari italiani vi sono «prove incontrovertibi».
La famiglia di uno dei pescatori morti ha fatto sapere di non essere interessata a incontrare De Mistura, da oltre due settimane in India per seguire da vicino la vicenda. Lo stesso esponente del governo ha spiegato che ha rinunciato alla visita a causa del clima ostile dopo le manifestazione anti-italiane della popolazione. «Gli italiani capiscono i sentimenti dei familiari delle vittime», ha sottolineato il sottosegretario che sabato ha incontrato i marò trovandoli «sereni, determinati e in buone condizioni». De Mistura ha aggiunto che la magistratura indiana è «indipendente e onesta» e per questo si attende «un processo giusto». In serata però il diplomatico ha alzato i toni: i due marò «non possono e non debbono essere detenuti in una prigione per detenuti comuni».
Nonostante le discrepanze tra la posizione della petroliera italiana e il luogo dove i pescatori hanno dichiarato di essere stati colpiti e le dichiarazioni contraddittorie dei membri dell'equipaggio del peschereccio Saint Antony, gli italiani sembrano ormai rassegnati al fatto che i due militari vengano processati per omicidio da un tribunale civile di un Paese che applica la pena di morte, prevista in India per questo reato. Scarso ottimismo anche per la decisione che il tribunale del Kerala prenderà domani in merito alla contesta giurisdizione indiana per un fatto avvenuto in acque internazionali. Il diritto internazionale garantisce che gli italiani non possano essere giudicati dall'India, ma le leggi di Nuova Delhi prevedono invece di perseguire anche fuori dalle acque territoriali reati contro cittadini e proprietà indiani.
Intanto su indicazione del ministro degli Esteri, Giulio Terzi, il segretario generale della Farnesina Giampiero Massolo ha espresso all'Incaricato d'Affari indiano a Roma Saurabh Kumar la «vivissima preoccupazione del governo italiano per la decisione del tribunale di Kollam di trasferire il maresciallo Massimiliano Latorre e il sergente Salvatore Girone in custodia giudiziaria nel carcere di Trivandrum con effetto immediato». È quanto si legge in una nota diffusa dal ministero degli Esteri. Nel definire «inaccettabili tali misure in considerazione dello status dei nostri due militari - fa sapere la Farnesina - e nel sottolineare l'estrema sensibilità della questione per le autorità italiane, per le famiglie e per l'opinione pubblica e parlamentare italiana, Massolo ha ribadito la ferma richiesta che ogni sforzo venga fatto per reperire prontamente per i nostri militari strutture e condizioni di permanenza idonee».
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