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Questo articolo è stato pubblicato il 14 marzo 2012 alle ore 21:55.

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«Pone seriamente a rischio l'indipendenza della magistratura»; ma non solo: l'emendamento del leghista Pini alla legge comunitaria che modifica la responsabilità civile dei magistrati può rendere il sistema giudiziario italiano «davvero ingestibile» determinandone «l'implosione».

Usa toni più che allarmati il Csm contro la norma all'esame delle Commissioni del Senato. E consegna le sue preoccupazioni a un documento che ha per destinatario il ministro della Giustizia Paola Severino e che è stato approvato dal plenum in un pomeriggio e a tambur battente: 19 i voti favorevoli; 3 i contrari, uno scontato del laico della Lega Ettore Albertoni, gli altri dai consiglieri del Pdl Nicolò Zanon e Bartolomeo Romano. E proprio i laici del Pdl per la prima volta si sono divisi: Annibale Marini, presidente emerito della Consulta, ha votato con la maggioranza, come ha fatto pure il vice presidente del Csm Michele Vietti; mentre Bartolomeo Romano si è astenuto.

A preoccupare il Csm è soprattutto la possibilità che viene introdotta di agire direttamente nei confronti del magistrato da parte di chi si sente danneggiato dalla sua decisione, invece che verso lo Stato come prevede attualmente la normativa. «Il magistrato, destinato a scegliere tra tesi contrapposte, potrebbe essere condizionato e influenzato in tale scelta e portato a preferire la soluzione che lo possa meglio preservare dal rischio dell'esercizio dell'azione diretta», piuttosto che quella «maggiormente conforme a giustizia», avvertono i consiglieri. Ed è proprio questo aspetto - che peraltro rende l'Italia unica, visto che «in nessun paese europeo è prevista la possibilità indiscriminata di intraprendere un'azione diretta per responsabilità civile del giudice» - ad esporre «il sistema al rischio di implosione». È concreto il pericolo, avverte l'organo di autogoverno della magistratura, che le parti, «attraverso l'esercizio immediato e diretto dell'azione nei confronti del magistrato, possano costringere il giudice non gradito all'astensione» o comunque «possano, indirettamente, scegliersi il proprio giudice».

Peraltro non è affatto vero, nota Palazzo dei Marescialli, che l'Europa ci chiede di modificare le nostre attuali regole, anche perchè‚ «i limiti previsti dalla legge italiana sulla responsabilità civile dei magistrati sono conformi alla legislazione degli altri Paesi europei».

Le reazioni
Il Csm emette pareri non richiesti, come troppo spesso avviene e soprattutto queste dichiarazioni mirano a condizionare l'attivitá politica e legislativa del Parlamento nell'intento, neppure troppo velato, di impedire il varo di una normativa sulla responsabilitá civile dei magistrati, di cui i numeri dimostrano l'assoluta esigenza». Così il presidente dell'unione Camere Penali, Valerio Spigarelli sulla decisione del Csm in merito alla responsabilitá civile dei magistrati.

«Dal Csm arriva uno schiaffo sonoro alla politica giudiziaria alla Berlusconi maniera. È ora di finirla. È mai possibile che ogni volta che si parla di giustizia l'unica cosa che sa fare il Parlamento è proporre norme per bloccare le indagini, criminalizzare i magistrati ed assicurare l'impunità ai soliti noti? Ancora una volta, siamo di fronte all'ennesima disposizione che premia gli impuniti e se la prende con i magistrati. L'Italia dei Valori farà il possibile, battendosi dentro e fuori il Senato, affinché sia impedito questo ulteriore scempio di legalità», afferma in una nota il presidente dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, commentando il documento approvato dal plenum del Csm in merito alla responsabilità civile dei magistrati.

«Col documento approvato oggi, il Csm si ripropone quale organo interdittivo delle decisioni del Parlamento. Il problema per Palazzo dei Marescialli non è l'inesistenza nei fatti, 25 anni dopo il referendum, della responsabilitá del magistrato per manifesta violazione di legge (come recita la norma contestata): altrimenti non avrebbe fatto mancare il proprio contributo di idee, per fornire il quale è molto più prodigo e rapido che nella nomina dei direttivi o in altre quisquilie di ordinaria amministrazione», sottolinea Alfredo Mantovano (Pdl). «Il problema -rileva - è che per la prima volta la Camera e Senato abbiano deciso di affrontare seriamente la questione. Nè si sceglie la strada di rettifiche che salvino il principio: l'importante è scagliare l'anatema, bruciando ogni possibilitá di confronto costruttivo».

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