Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 18 marzo 2012 alle ore 08:10.

My24


MILANO
Di accesso al credito e snellimento della burocrazia gli imprenditori quasi non vogliono più parlare. Temono di essere ripetitivi quando gli si chiede quali riforme sono indispensabili per liberare dalle zavorre le forze produttive del paese. Sulla riduzione del carico fiscale, poi, molti hanno messo una pietra sopra. Almeno per ora. Però di cose da fare ce ne sono ancora tante.
«Per le aziende delle nostre dimensioni - spiega Mauro Gola, uno dei tanti imprenditori che hanno partecipato ieri al convegno del centro Studi Confindustria dedicato alle riforme - il costo del lavoro non è il problema principale». Gola è vicepresidente esecutivo della Kelyan, un'azienda ICT da 250 dipendenti e 30 milioni di fatturato con sede operativa a Cuneo. «La prima cosa che mi sentirei di chiedere è una capacità di visione diversa da parte delle banche. I bilanci aziendali di questi anni non rispecchiano le potenzialità reali delle imprese. Una visione meritocratica del credito dovrebbe tener conto anche dello "storico", cioè delle capacità che l'azienda ha dimostrato in passato di produrre reddito». Più che di riforma, però, si tratta di costruire un rapporto diverso tra banche e imprese. Ma Gola ha anche un'altra richiesta: la parola "burocrazia" non vuole nemmeno pronunciarla. Ma è comunque di semplificazione che parla quando chiede «l'eliminazione degli adempimenti inutili che ci fanno perdere fino al 50% del tempo produttivo». Insomma, «un conto sono le difficoltà di mercato, su cui tocca all'azienda darsi da fare. Altra cosa è lo spreco di tempo e di risorse per comunicare "n" volte alle stesse amministrazioni gli stessi dati e le stesse informazioni. Su questo fronte si può fare moltissimo liberando le imprese da mille duplicazioni, spesso inutili perché si tratta di informazioni che l'ufficio pubblico ha già».
Gabriella Rimoldi, azienda di famiglia da 22 dipendenti e 5,6 milioni di fatturato realizzato con la produzione di guarnizioni per l'industria, va dritta alla questione fiscale. «Vorrei vedere una misura che riducesse i costi, soprattutto le tasse. Che rendesse più conveniente investire nell'azienda, per ricapitalizzarla o per espandere l'attività, anzichè acquistare titoli di Stato».
L'imprenditrice sfiora un argomento delicato: le dimensioni aziendali. «Ci sono settori estremamente frazionati» osserva Gianni Mainini, managing director della Elettromeccanica Colombo, azienda dell'Alto milanese con più di centodieci anni di storia, che produce trasformatori elettrici. «Le nostre aziende migliori stanno andando in mano ai francesi e ai tedeschi. Il nostro paese non ha una politica industriale, come invece la Francia, in grado di salvaguardare i settori manifatturieri di eccellenza come può essere il nostro. Resiste solo chi non si rassegna a cedere l'azienda di famiglia».

Shopping24

Dai nostri archivi