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Questo articolo è stato pubblicato il 24 marzo 2012 alle ore 19:07.

Nelle code per la simulazione di voto, molti elettori si sono detti insoddisfatti dei tre candidati, coinvolti in scandali sessuali e accuse di corruzione. Anche recentemente – grazie alla libertà di informazione di cui ancora gode questa città – sono venuti a galla numerosi scandali che hanno visto protagonista tra l'altro anche l'attuale Chief Executive, Donald Tsang, per cui è stato chiesto l'impeachment per aver trascorso i week-end su yacht e jet di amici imprenditori, nonché aver acquistato un superattico a Shenzhen da una società coinvolta nel suo governo.

Allo scandalo Tsang è seguito quello di Henry Tang, prima scelta di Pechino, colpevole di aver perpetrato un abuso edilizio di oltre 2mila metri quadri e di aver concepito un figlio da una relazione extramatrimoniale in Inghilterra. Il suo crollo nei sondaggi ha portato alla ribalta il rivale Leung Chun-ying, considerato un compromesso tra gli interessi di Pechino e quelli di Hong Kong, ma – anche lui – scoperto a cenare con un referente delle Triadi cinesi, società di stampo mafioso pagate da Pechino per mantenere la stabilità a Hong Kong e nella vicina Macao.

Intanto, ieri (23/03) un esperto opinionista ha denunciato che il proprio pezzo per il Sing Pao daily era stato modificato in più punti, cambiandone la tesi da «non voterei nessuno dei due» a «piuttosto voterei Leung Chun-ying». Nella denuncia, l'opinionista ha dichiarato di percepire l'influenza di una "mano invisibile" che spinge anche i giornali hongkonghesi verso l'autocensura.

Tutte queste ragioni hanno spinto molti dei votanti a imbucare nelle urne tessere nulle per manifestare il proprio malcontento. Se questa operazione si ripetesse anche domenica nel comitato elettorale e nessun candidato collezionasse i 601 voti necessari, la nomina si rinvierebbe a maggio, dimostrando l'impotenza di Pechino davanti a una città che continua a dimostrare di essere affamata di democrazia. È dunque in questo modo che la sensibilità democratica degli hongkonghesi fa sentire la propria voce e chiede il suffragio universale.

«Il Governo cinese – ci spiega W. To., uno dei volontari che aiutano nelle operazioni di voto – ha dichiarato che i risultati che usciranno da questa simulazione non sono rappresentativi del volere popolare, perciò continuerà ad ignorarli e con lui lo faranno anche i membri del comitato elettorale». Ma agli hongkonghesi poco importa, perché loro non sono intenzionati a desistere.

A chiusura dei seggi, dopo che l'ultima scheda elettorale è stata imbucata nell'urna, alcuni volontari sono scoppiati in un boato di felicità per il successo dell'iniziativa. E ciò ben prima di conoscere i risultati: perché la libertà di espressione è spesso più importante dell'espressione stessa.

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