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Questo articolo è stato pubblicato il 30 marzo 2012 alle ore 16:37.

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Mario Monti da Pechino prova a fare pace (a distanza) con i partiti. È «rammaricato», dice, per le polemiche seguite alle sue parole quando parlando a Tokio ha detto che «nonostante alcuni giorni di declino a causa delle misure sul lavoro il Governo sta godendo un alto consenso nei sondaggi, i partiti no». La politica, osserva ora, sta mostrando «senso di responsabilità» così come gli italiani, che sono «maturi».

Il presidente del Consiglio già prepara il terreno per il confronto che lo aspetta al suo rientro con le forze politiche che lo sostengono. Al centro del prossimo incontro con Angelino Alfano, Pier Luigi Bersani, Pier Ferdinando Casini non ci sarà solo la riforma del Lavoro. Dopo il via libera del Cda Rai al bilancio (il primo che chiude con un dato in attivo dopo cinque anni, con un utile di 4 milioni e 100 mila euro) è partito il conto alla rovescia per l'assemblea dei soci, che si riunirà il 4 maggio. Il Cda è in scadenza ma il rinnovo avverrà quasi certamente dopo le amministrative di maggio.

I partiti aspettano il ritorno del presidente del Consiglio Mario Monti dall'Asia per riprendere la trattativa sulle regole. Anche perché a ben guardare (su Twitter) al secondo punto dell'ordine del giorno dell'assemblea c'è proprio la questione del rinnovo del consiglio di amministrazione. Paolo Gentiloni (Pd) lo legge come «il segnale della volontà di affrontare il problema».
Del resto sono passate diverse settimane da quando Monti ha parlato di un intervento sulla Rai. Nell'ultimo incontro con Alfano, Bersani e Casini il presidente del Consiglio ha preso atto delle posizioni dei partiti (che restano lontane) e ha considerato diverse ipotesi.

«Basta tagliare due righe dalla legge secondo la quale è necessaria la figura di un direttore generale - dice Gentiloni - e applicare il codice civile, così potremmo dotare la Rai di un amministratore delegato». Dati i tempi stretti, secondo l'eponente Pd, questa misura abbinata a una riduzione del numero di consiglieri, sarebbe una soluzione praticabile.
Ma il Pdl la pensa diversamente e punta, dati di bilancio alla mano, alla riconferma di Lorenza Lei alla guida dell'azienda. Dopo che la Rai ha presentato un bilancio positivo, dice Maurizio Gasparri, «il partito del commissariamento registra una tombale sconfitta».

Il Governo vorrebbe aumentare i poteri del direttore generale e portare nomi nuovi a Viale Mazzini, tentando così di convincere i democratici a desistere dall'intento di disertare le nomine. I pidiellini però mettono le mani avanti: «L'Esecutivo nomina un consigliere e indica il presidente, ma l'elezione degli altri sette membri del cda spetta alla Commissione di Vigilanza e limitarne l'autonomia sarebbe incostituzionale».
Anche dal Pd puntano i piedi. Se Monti non ha ascoltato le richieste che arrivavano dai democratici sulla Riforma del lavoro per le modifiche sull'articolo 18, è il ragionamento, ora non potrà nemmeno accettare veti sulla Rai da parte del Pdl. Ma i democratici non vogliono sentir parlare di trattative o accordi che abbiano per oggetto i contenuti delle due riforme (quella del Lavoro e quella della Rai), come dire: nessuno scambio tra articolo 18 e governance Rai.

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