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Questo articolo è stato pubblicato il 11 aprile 2012 alle ore 19:19.

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Trieste addio: un altro storico pezzo dell'industria storica cittadina, che vi affondava le radici fin dai tempi dell'Impero Austroungarico, se ne va. La Stock Spirits Group ha annunciato improvvisamente oggi la chiusura della storica fabbrica nel capoluogo giuliano e il trasferimento da giugno della produzione nello stabilimento in Repubblica Ceca.

La decisione è stata comunicata oggi dalla società triestina ai sindacati, durante un incontro convocato nella sede di Confindustria. Alla base della chiusura, «un contesto commerciale che risente della contrazione dei consumi e la necessità di restare competitivi, consolidando la produzione per ridurre i costi e aumentare l'efficienza. Lo stabilimento di Trieste rimane non sostenibile a livello economico rispetto agli altri siti produttivi», recita una nota della proprietà.

La chiusura della fabbrica triestina coinvolge 30 persone, 28 delle quali dipendenti diretti, tra impiegati e operai, e due dirigenti, più altre ricadute nelle aziende dell'indotto per trasporti e logistica.

La reazione dei lavoratori è stata immediata: al termine di un'assemblea è stato deciso il blocco della produzione per due giorni, con contestuale sciopero per un «pacchetto» complessivo di 16 ore, e un percorso di sensibilizzazione delle istituzioni politiche locali.

A ben vedere, si tratta dell'ultimo capitolo di un progressivo affievolimento del ruolo della fabbrica giuliana, parallelo all'allontanamento del centro decisionale aziendale da Trieste. L'ultima ristrutturazione, avviata nel 2008 con la proprietà, il Fondo statunitense Oaktree, ha portato i dipendenti da 59 agli attuali 28, che hanno dato - secondo i sindacati - conseguenze positive in termini di produttività e competitività. Allo stesso tempo tuttavia sono stati trasferiti a Milano la dirigenza e l'amministrazione. Fino all'attuale decisione di chiudere anche l'ultimo presidio di una tradizione nata nel 1884.

«Colpisce negativamente - affermano i lavoratori - la superficialità con la quale un marchio storico quale la Stock, così legato all'immagine di Trieste, sia definitivamente cancellato dalla storia della città. L'ennesimo impoverimento del tessuto industriale della provincia di Trieste».

La storia inizia nel 1884. La storia della Stock di Trieste ebbe inizio nel 1884, quando il diciottenne di origine dalmata Lionello Stock aprì, assieme al socio Carlo Camis, una piccola distilleria a vapore nel rione di Barcola.

L'intenzione era quella di distillare i vini delle zone vicine, ricercati dai francesi per produrre cognac quando un'infezione di peronospora distrusse i raccolti della Charente.

Nacque il «Cognac Stock Medicinal» cui si affiancherà, nel 1935, il «1884 Cognac Fine Champagne» destinato nel 1955 a diventare il famoso «Brandy Stock 84».

Al termine della Prima Guerra Mondiale vennero costruiti stabilimenti in Austria, Cecoslovacchia, Ungheria, Polonia e Jugoslavia, con sbocchi commerciali anche in Egitto, Palestina, Stati Uniti e Brasile. Il successo si basa anche sul ricorso sistematico al marketing e alla pubblicità, veri valori aggiunti per i prodotti Stock.

Dopo la seconda guerra mondiale, in cui alcuni stabilimenti italiani vengono distrutti e quelli nell'Est europeo nazionalizzati, muore nel 1948 il fondatore. Sul brandy però la Stock costruisce il proprio rilancio, e tra gli anni '50 e '60 distribuisce i propri prodotti in 125 paesi, allargandosi a vodka, whisky, grappa, amari, gin, liquori dolci.

Nel maggio 1995 la Stock venne acquisita dalla tedesca Eckes A.G., società di alcolici e succhi di frutta, e nel 2007 diventa proprietà del fondo americano «Oaktree Capital Management», spostando l'organizzazione commerciale dalla storica sede di Trieste a Milano, mantenendo fino a oggi lo stabilimento nell'area industriale giuliana di Zaule.

L'ex ad: una notizia triste. «È una notizia triste, è una scelta dettata da una visione troppo finanziaria». È il primo commento all'ANSA di Carlo Emilio Sigliano, ex amministratore delegato della Stock, sulla decisione di chiudere lo stabilimento di Trieste.
«Ero assolutamente convinto, quando lasciai, che ci sarebbe stata una continuità o una valorizzazione», ha detto Sigliano, amministratore delegato fino al 2007, quando il fondo tedesco Eckes decise di vendere alla finanziaria Oaktree.

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