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Questo articolo è stato pubblicato il 13 aprile 2012 alle ore 08:09.

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MILANO - Lo vogliono sapere le Fiamme Gialle ma - ancor prima - lo voleva sapere la stessa Lega Nord. Gli uni e l'altra vanno alla ricerca della verità sui conti correnti e sulle movimentazioni di Francesco Belsito, ex tesoriere del Carroccio. I pm di Milano hanno deciso di passare al setaccio i conti e il patrimonio del partito e di avviare accertamenti anche su Roberto Calderoli, che nell'informativa dei Carabinieri del Noe viene indicato come uno dei personaggi che avrebbe ricevuto fondi da Belsito. Gli uomini della Gdf si sono presentati nelle filiali di otto banche per acquisire la documentazione contabile relativa ai movimenti effettuati sui conti accesi da Belsito.

Le acquisizioni sono avvenute presso Banca Aletti ma anche in alcuni sportelli della Banca Popolare di Novara, della Bnl, di Unicredit, di Banca Sella, di Carige, del Banco di Napoli e della Banca Popolare di Lodi. Nell'ordine di esibizione consegnato mercoledì al nuovo tesoriere della Lega Nord, Stefano Stefani, inoltre, i pm hanno chiesto di acquisire «tutta la documentazione riguardanti le proprietà immobiliari e mobiliari della Lega o comunque intestate a rappresentanti o fiduciari del movimento politico». E ancora, i bilanci dal 2008 al 2011 con la relativa documentazione e «note informali, appunti, email» utili alla ricostruzione dei conti.

Ma la Lega è partita prima dei magistrati. Il 3 febbraio infatti ‐ si legge nell'informativa della Direzione investigativa antimafia di Reggio Calabria ‐ Stefano Bonet, indagato nell'indagine, contatta Romolo Girardelli, che del movimento politico conosce tutto e tutti, per informarlo che voleva affidargli una lettera da far giungere ad un non meglio specificato «soggetto». Nello specifico Bonet affermava che Roberto Castelli, l'unico che voleva vederci chiaro nei conti del partito, era solo in grado di fare un dossier sui poteri di firma di Belsito mentre non era in grado di sviluppare un'indagine interna. «Per cui occorreva che qualcuno si prendesse la briga di effettuare una verifica presso tutte le banche ove Belsito aveva operato - si legge nell'informativa - per verificare l'ammontare delle operazioni che aveva posto in essere spacciandosi per rappresentate amministrativo della Lega senza limiti di sorta».

La Dia scrive ancora testualmente che «Girardelli si predisponeva favorevolmente ad effettuare questo tipo di indagine e invitava Bonet a fornirgli un dossier in cui venivano condensate le reali intenzioni di Belsito per gli investimenti effettuati». Lo stesso giorno Bonet con Giradelli afferma anche che «la Lega stava valutando la possibilità di far ricorso ovvero d'imputare alla Banca Aletti la responsabilità di aver autorizzato un'operazione che non era possibile autorizzare». Girardelli, seppur condividendo, replicava che la cosa importate era annientare politicamente Belsito e per far ciò suggeriva di evidenziare la destinazione di quei soldi ovvero «stabilimento e quella cosa in Argentina con i ricavi personali e decurtare quello che serviva per tacitare il movimento».

Sempre il 3 febbraio Bonet ritorna sulle operazioni con Scala, affermando: «...e i 4 milioni e mezzo andavano invece all'acquisto delle quote in Argentina». E a questo punto si sviluppa un dialogo che forse è anche all'origine delle perquisizioni di ieri. Scala afferma: «Bello! Bello schifo... bello schifo e tra l'altro c'era anche un banchiere connivente che ha fatto... che poi ha fatto un passo indietro quando si è accorto che la cosa puzzava». E Bonet di rimando: «Mh! Il banchiere ha fatto un passo indietro?». Secca la risposta di Scala: «E beh! Perché...il banchiere che doveva dare dopo 48 ore il codice sul quale andare a fare l'investimento...ciao...ciao...nessuno ha più avuto notizie...». L'Argentina è una nazione che ritorna come possibile meta di investimenti. Il 27 gennaio infatti, annota la Dia, Bonet è al telefono con Paolo Scala, l'intermediatore finanziario che a Cipro vive e lavora. Bonet, in relazione a presunte compravendite per la famiglia Bossi, testualmente afferma che «la famiglia da una parte l'ha protetto...per i cazzi suoi...fondamentalmente lui quei soldi la li portava all'estero per...in Argentina per i cazzi suoi! Lui garantiva il 7% il 6% d'interesse un capitale che non c'era, ma c'era ok?! solo che lo faceva per i cazzi suoi!».

Ma sembra che ci fosse qualcuno che ne sapesse sempre più di tutti. Il 1° marzo, infatti, Bonet chiama il solito Girardelli al quale chiede informazioni recenti sulle operazioni effettuate da Belsito con i soldi del partito: gli era necessario per la redazione di un dossier da dare a terze persone non meglio specificate. Girardelli risponde che ne avrebbero parlato di persona il successivo sabato (3 marzo). Sabato avrebbero incontrato «il signore dell'assegno» (verosimilmente si riferiva a tale Alessandro Minetti) che gli avrebbe potuto riferire inediti episodi che coinvolgevano Belsito.

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