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Questo articolo è stato pubblicato il 12 aprile 2012 alle ore 11:52.

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Ahmed Ben Bella (Afp)Ahmed Ben Bella (Afp)

Tribuno carismatico e populista, con un alone romantico da combattente, Ahmed Ben Bella, deceduto ad Algeri all'età di 94 anni, è stato nel 1962 il primo leader dell'Algeria dopo la guerra d'indipendenza contro la Francia e un'icona internazionale della decolonizzazione. Ma fu anche un eroe della seconda guerra mondiale decorato dal generale De Gaulle per la sua partecipazione valorosa alla battaglia di Monte Cassino.

Ben Bella è stato il simbolo dei sogni degli algerini, usciti da una lotta di liberazione cominciata nel 1954 sanguinosa e lacerante, che scandivano nelle piazze il suo nome e lo slogan "Ya Ya Djezair", viva l'Algeria. Il suo ingresso nella capitale è ricordato come un trionfo, la popolarità anche all'estero diventò massima ma la sua parabola al potere fu assai breve: l'Algeria di Ben Bella durò soltanto tre anni e venne archiviata dal colpo di stato del 19 giugno 1965. Alle due del mattino Ben Bella fu arrestato ed esautorato dal nuovo uomo forte, Houari Boumediene, sostenuto proprio dai vecchi compagni di lotta di Ben Bella.

Fu questa la sua fine politica che avvenne sullo sfondo di uno scenario quasi paradossale. All'alba i carri armati occupano i punti strategici della capitale ma i passanti credono che i militari siano comparse del film di Gillo Pontecorvo, "La Battaglia di Algeri". Quando l'anno seguente questa pellicola di straordinaria efficacia narrativa sulla guerra anti-coloniale vincerà il Leone d'Oro al Festival di Venezia, Ben Bella è già in carcere da un anno e ne uscirà soltanto nell'ottobre del 1980 per prendere la via dell'esilio in Svizzera.

Figlio di contadini della Maghnia, dove era nato il 25 dicembre 1918, Ben Bella aveva compiuto i suoi studi secondari a Temclen e dopo il servizio militare nel 1940 venne richiamato alle armi dall'esercito francese con il quale partecipa alla campagna d'Italia ma invece di restare come molti altri nelle forze armate al ritorno in patria si unisce ai nazionalisti e poi al movimento di liberazione.

Arrestato una prima volta nel 1950, due anni dopo evade avventurosamente dal carcere e fugge in Egitto dove stringe amicizia con Gamal Nasser che sostiene la lotta dell'Algeria indipendente. Il leader egiziano gli mette a disposizione un aereo ma questo viene dirottato dai francesi che lo arrestano insieme ad altri capi della resistenza, tra questi il socialista Hocine Ait Ahmed e Mohammed Boudiaf. Resteranno in carcere per sette anni prima di ottenere la loro rivincita sui francesi.

Un accenno a Mohammed Boudiaf è inevitabile perché apre uno squarcio sull'Algeria contemporanea. Boudiaf, che aveva sostenuto il golpe di Boumediene contro Ben Bella, tornerà in Algeria dopo il colpo di stato dei generali nel gennaio '92 che annullano la vittoria elettorale del Fronte islamico di salvezza e lo scelgono come nuovo presidente al posto di Chadli Bendjedid: ma l'ex compagno di Ben Bella verrà assassinato soltanto sei mesi dopo ad Annaba. Si aprono così gli anni di piombo algerini, quelli del terrorismo islamico e della "guerre sale", la guerra sporca condotta dalle forze di sicurezza: un decennio in cui ci furono quasi 200mila vittime.

Ben Bella nel 1965 pagò il suo isolamento dal gruppo di potere politico e militare che aveva condotto la guerra di liberazione. Lo storico Mohammed Harbi, che ebbe un ruolo da militante in quel periodo, fa di lui questo ritratto: "Ben Bella aveva il gusto dei cambiamenti bruschi e totali, rifiutava un'azione politica paziente e preferiva le strade alternative e informali facendosi parecchi avversari, disorientava tutti con le sue impennate: furono questi i fattori, accompagnati dall'incapacità di affrontare la crisi economica, che portarono alla sua brusca uscita di scena".

Quando negli anni '90 tornò dall'esilio di Losanna in Algeria tutto era cambiato. Una violenza lancinante e barbarica lasciava sull'asfalto cadaveri crivellati dai proiettili e con le teste decapitate, l'esplosione delle bombe scandiva la vita di un'Algeri precipitata nel terrore e nel silenzio: le strade alle quattro del pomeriggio erano già deserte e gli algerini cercavano soltanto di fuggire via dalla morsa della paura.

Lo vidi per la prima volta a una conferenza stampa: era ancora un uomo con la schiena diritta ed emanava il fascino della storia, di un'epopea eroica che rimandava agli anni degli scritti di Albert Camus e di Jean Paul Sartre. Sosteneva il presidente Mohammed Bouteflika, che era tornato al potere dopo 20 anni di emarginazione, in modo totale: le prossime elezioni politiche del 10 maggio saranno un'altra prova di passaggio per un'Algeria ricca di idrocarburi ma violentata dagli eventi.

Ben Bella allora era già fuori da un pezzo da questa storia algerina: la sua era rimasta un'immagine in bianco e nero sullo sfondo delle bandiere trionfanti di un'estate del 1962, quando si affacciava sulla sponda Sud un mondo affamato di speranze e di riscatto. Ci possiamo chiedere cosa lega quel periodo alla primavera araba di oggi: le speranze di riscatto delle masse sono le stesse, forse l'assenza di leader popolari e acclamati come Ben Bella, con alcuni pregi e molti, forse troppi, difetti, è l'assenza più evidente ed eclatante.

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