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Questo articolo è stato pubblicato il 14 aprile 2012 alle ore 09:37.

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Caro direttore,
una questione di metodo e una di merito. Con riferimento all'articolo di Salvatore Padula, pubblicato ieri sul Sole 24 Ore, mi preme fornire alcuni elementi di chiarimento a proposito della vicenda dei cosiddetti 'salvaguardati'.

Anzitutto, il «balletto delle cifre». Non ritengo che si possa accusare il ministro, né il ministero, della varietà di stime e quantificazioni di diversa provenienza che ha caratterizzato le ultime settimane alimentando, oltre all'ansia, la legittima preoccupazione delle persone.Nè sarebbe stato appropriato, in attesa della valutazione ufficiale, correggere le cifre di volta in volta apparse sui giornali.

Né sarebbe stato appropriato, in attesa della valutazione ufficiale, correggere le cifre di volta in volta apparse sui giornali. Ricordo anche che nessuno sarà toccato dagli effetti della riforma previdenziale nel corso del 2012 e che il «salva Italia» ha fissato al 30 giugno il termine entro il quale emanare il decreto interministeriale per la precisa individuazione delle persone portatrici del diritto soggettivo al pensionamento, secondo la normativa in vigore prima della riforma.

Di tale individuazione, non immediata per la varietà delle situazioni coperte, è stato incaricato un tavolo tecnico, istituito presso il ministero, di cui lo stesso Inps era parte. Il tavolo giovedì ha fornito la cifra, sia nel suo complesso sia nella sua articolazione per categorie di 'salvaguardati'. La cifra complessiva, 65mila, è apparsa sia in contraddizione con quanto dichiarato il giorno precedente dal direttore dell'Inps in commissione Lavoro della Camera, sia assurdamente inferiore proprio alle stime precedentemente divulgate dalla stampa. Rispetto a queste ultime, non conoscendone l'origine, non intervengo. Rispetto a quelle fornite dall'Inps posso invece affermare che non vi è necessariamente contraddizione, essendo differenti l'oggetto e le finalità delle stime.

A quanto mi risulta, la risposta del direttore generale dell'Inps riguardava una platea potenziale riferita anche ad accordi che esplicheranno i loro effetti, con l'uscita effettiva dei lavoratori dall'impresa, nell'arco dei prossimi quattro anni, mentre l'individuazione del tavolo tecnico ne delimitava il numero, nonché la ripartizione nelle diverse tipologie, in base a quanto indicato dal decreto «salva Italia» e dai successivi emendamenti parlamentari in sede di conversione in legge del decreto milleproroghe.
Sul piano del merito, proprio la consapevolezza di una platea non coperta da un'interpretazione stretta dei criteri individuati nella riforma delle pensioni, mi ha indotta ad assumere un impegno ulteriore circa l'adozione di provvedimenti normativi che possano ricomprendere situazioni analoghe scaturenti da accordi collettivi, stipulati in sede governativa, entro il 2011, ma non ancora perfezionati quanto a interruzione del rapporto di lavoro.

Il numero di questi ulteriori lavoratori, peraltro, non è al momento stimabile in modo preciso giacché il perfezionamento dell'accordo richiede, in molti casi, che il lavoratore aderisca all'intesa.

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