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Questo articolo è stato pubblicato il 22 aprile 2012 alle ore 19:25.

Il pressing è partito. Fare presto sulla spending review per raggiungere il pareggio del bilancio evitando il doppio aumento dell'Iva dal 1 ottobre, il taglio dei bonus fiscali o addirittura nuove imposte. È l'imperativo che si è levato dai partiti nei confronti del premier, Mario Monti, e al ministro per i Rapporti con il Parlamento, Piero Giarda, per chiudere il prima possibile l'operazione di monitoraggio della spesa pubblica, che sarà affrontata dal Governo nei prossimi giorni.
In quell'occasione Giarda dovrebbe presentarsi già con un prima relazione che fa seguito ai bilanci dei ministeri. Un rapporto leggero senza numeri ma che sarà una sorta di ordine del giorno con tutte le criticità emerse per dicasteri da consegnare poi alla discussione collegiale. Un tentativo di superare le resistenze evidenziate nei giorni scorsi su cui il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, ha comunque manifestato ottimismo: «È chiaro che ci sono resistenze ma ho la sensazione che ci sia grande disponibilità, grande voglia». Del resto, «i cittadini chiedono cose concrete molto forti che compensino i sacrifici che bisogna tutti insieme fare per portare il Paese al di là del guado». Il ministro ha anticipato che «molte idee stanno venendo fuori: bisogna dire dei no, bisogna dire dei non più e che d'ora in avanti è un'altra cosa».
Giarda chiede la task force
Tra le idee circolate nelle ultime ore c'è quella di una task force, che Giarda avrebbe chiesto a Monti durante un incontro avuto venerdì scorso. Ma non solo, perché bisogna individuare anche la prospettiva in cui muoversi: attuare solo i tagli non ancora realizzati o decidere ulteriori riduzioni di spesa.
Da Alfano all'Italia dei valori
Un'incognita non da poco, visto che i partiti chiedono di portare al più presto in porto la revisione delle voci di uscita dei ministeri. Il segretario del Pdl, Angelino Alfano, è chiaro: «Adesso chiediamo al Governo di fare sì che l'Imu possa essere una tantum e di aggiustare il tiro riguardo la tassazione sulla casa, che è sacra e sulla quale grave un fisco troppo pesante». Il suggerimento che arriva a Monti è quello «di compensare eventuali tagli alle tasse sulla casa con corrispondenti tagli agli sprechi e alla spesa pubblica». Sulla stessa lunghezza d'onda molte dichiarazioni di esponenti del suo partito, da Giorgio Stracquadanio a Osvaldo Napoli.
Parole non molto diverse arrivano anche da una forza poltica tutt'altro che vicina al Pdl. Il vicecapogruppo Idv alla Camera, Antonio Borghesi, lo afferma a chiare lettere: «Esiste un solo modo per non chiedere nuove tasse ai cittadini ed è quello di dare una sforbiciata alla spesa introduttiva. E questo i tecnici dovrebbero saperlo fare meglio degli altri. Servono tagli mirati, a cominciare da quelli ai costi della politica. Le resistenze dimostrano solo quanto sia difficile toccare corporazioni e lobby».
La clausola di salvaguardia
Il Governo ha già «blindato» le eventuali risorse che servono ad arrivare al pareggio di bilancio entro il 2012. Il decreto salva-Italia di dicembre ha previsto che se non andrà in porto l'operazione di riordino dei bonus fiscali entro fine settembre, dal 1 ottobre scatterà un doppio aumento dell'Iva: dal 21 al 23% e dal 10 al 12 per cento. Il balzo in avanti dovrebbe portare nelle casse pubbliche circa 3,2 miliardi di euro, stimabili a consumi invariati. In pratica, una famiglia di quattro persone (padre, madre e due figli) dovrebbe mettere in conto per le spese 200 euro in più rispetto allo scorso anno, anche perché - a differenza di quanto accaduto a settembre 2011 quando l'Iva era passata dal 20 al 21 % - l'aumento riguarderebbe anche beni alimentari come carne e pesce.
Più difficile che si arrivi al taglio dei bonus. In primo luogo perché dopo il lavoro del gruppo presieduto da quello che poi è diventato l'attuale sottosegretario all'Economia, Vieri Ceriani, non sono stati fatti altri grandi passi avanti. In secondo luogo perché la spesa per i bonus fiscali dovrebbe comunque ridursi dal 2013 quando scatterà un meccanismo di filtro agganciato all'Isee (l'indicatore della situazione economica familiare). Infine, perché l'operazione di revisione dei bonus è stata messa in cantiere con la delega fiscale, fermo restanno che ci saranno 70 miliardi di agevolazioni intoccabili (tra cui le detrazioni per lavoro dipendente, pensione e familiari a carico) mentre bisognerà limare la spesa sui restanti 90 miliardi (tra cui quasi tutte le agevolazioni per gli immobili, come il 36% sulle ristrutturazioni e il 55% sull'efficienza energetica).
Ecco perché la partita sulla spending review - che secondo lacune stime vale tra i 5 e 10 miliardi - potrebbe risultare davvero decisiva per evitare di aggravare una pressione fiscale che si avvia a toccare quota 45 per cento.
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