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Questo articolo è stato pubblicato il 26 aprile 2012 alle ore 16:09.

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Lo sviluppo della produzione nazionale di petrolio e gas può sbloccare 15 miliardi di investimenti e creare 25mila posti di lavoro. La previsione arriva dal ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, nel corso di un'audizione al Senato sulla strategia energetica nazionale. «Abbiamo ingenti riserve di gas e petrolio - ha spiegato il ministro - che possono soddisfare il 20% dei consumi nazionali dal 10% attuale».

Per il ministro, è possibile «generare 15 miliardi di euro di investimenti e 25mila posti di lavoro, si può ridurre la bolletta per le importazioni di energia di 6 miliardi, aumentando il Pil di mezzo punto». Ma per fare questo, innanzitutto è necessario «adeguare agli standard internazionali la nostra normativa di autorizzazione e concessione».

Per migliorare la nostra bolletta energetica, ha concluso Passera, è prioritario semplificare le procedure per l'estrazione di idrocarburi, gas e metano e, in generale, la disciplina delle autorizzazioni per l'avvio delle trivelle «che oggi richiede passaggi lunghissimi e che è, per molti aspetti, più restrittiva di quanto previsto dalle normative europee».

Da Prestigiacomo lo stop alle trivelle a meno di cinque miglia
In seguito all'incidente della piattaforma Bp nel Golfo del Messico, nel luglio del 2007 l'allora ministro all'Ambiente Stefania Prestigiacomo ha introdotto, nella riforma del Codice ambientale, il divieto a trivellare a meno di cinque miglia dalle coste, che salgono a dodici miglia nel caso delle aree marine protette (ovviamente per i permessi alla trivellazione ancora da concedere). In Italia non c'è bisogno di esplorazioni petrolifere a grande profondità, che è stata la chiave del disastro Deepwater Horizon. Anche se, come ovvio, una vistosa perdita di petrolio nel Mediterraneo avrebbe conseguenze assai peggiori che nel Golfo del Messico. Sempre sull'onda emotiva di quell'evento, la Norvegia (un vero paese petrolifero) aveva istituito una moratoria sulle perforazioni in mare, subito seguita da un intervento della Commissione Europea, che suggeriva agli altri paesi di fare altrettanto. Sia negli Stati Uniti che in Norvegia però, le moratorie sono state archiviate da tempo.

Cisl: il ministro fornisca dati e certezza
La Cisl chiede al ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, di fornire «dati e certezza» alle dichiarazioni sull'aumento di prelievo di idrocarburi dal sottosuolo nazionale, dall'attuale 10 al 20% dei consumi. È quanto si legge in una nota del segretario confederale, Gianni Baratta. «Al momento - secondo Baratta - l'unica certezza è la messa in crisi delle rinnovabili nel fotovoltaico con la cassa integrazione per migliaia di giovani lavoratori». Secondo Baratta, comunque, si tratta di dichiarazioni «importanti», che «meritano di essere verificate e trasformate in piani operativi».

Il ministro, secondo la Cisl, dovrebbe dunque «convocare nell'immediato le Regioni coinvolte per la concertazione istituzionale, i sindacati e le imprese del settore, per la messa in opera degli investimenti», ma bisogna anche «garantire ai territori interessati la massima tutela dell'ambiente». In conclusione la Cisl rinnova a Passera la richiesta e l'avvio di un confronto operativo sul presente e futuro energetico dell'Italia.

Legambiente: «Il Governo vuole favorire le fonti fossili»
L'invito a semplificare le procedure di autorizzazioni per le estrazioni di petrolio in Italia non è piaciuto a Legambiente, secondo cui nell'audizione a Palazzo Madama il ministro «ha svelato le sue carte: frenare con ogni mezzo le rinnovabili per favorire le fonti fossili». Per l'associazione ambientalista, il ministro «si sta battendo per penalizzare le fonti rinnovabili, additandole come responsabili degli aumenti in bolletta, attraverso limiti annui agli investimenti, burocrazia e riduzione degli incentivi che aumentano le incertezze sulla realizzazione degli impianti, e con limiti perfino per gli impianti casalinghi».

Per Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente, «le riserve stimate di 187 milioni di tonnellate, agli attuali tassi di consumo, verrebbero consumate in soli due anni e mezzo, mentre i 25mila posti di lavoro ipotizzati dal ministro con l'estrazione di idrocarburi, corrispondono alla metà delle persone impiegate nel settore delle fonti pulite che perderebbero il posto grazie ai suoi decreti».

Pd-Pdl, giudizi opposti
Anche sul fronte politico, non mancano le reazioni alle parole del ministro. Per Francesco Ferrante, responsabile Pd delle politiche relative ai cambiamenti climatici, «Le linee generali della Strategia energetica delineata da Passera, basata su gas, efficienza e rinnovabili è condivisibile, ma l'Italia non è la penisola arabica». E conclude «L'Italia si deve muovere su più direttrici: ridurre il costo del gas attraverso più rigassificatori, più gasdotti e una maggiore capacità di stoccaggio, incentivare l'efficienza energetica e sostenere le energie rinnovabili».

Opposto il giudizio di Stefano Saglia, deputato Pdl: il ministro, spiega, «dimostra lungimiranza con il rilancio della produzione nazionale degli idrocarburi. Già il nostro governo aveva avviato un protocollo d'intesa per lo sviluppo e la coltivazione degli idrocarburi in Basilicata. L'Italia deve puntare sulle proprie risorse nazionali. Senza le attuali restrizioni per l'esplorazione off shore nei mari italiani si potrebbe raddoppiare la produzione di petrolio e di gas e si creerebbero oltre 30.000 posti di lavoro».

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