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Questo articolo è stato pubblicato il 27 aprile 2012 alle ore 15:11.

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Pepe Guardiola. (Epa)Pepe Guardiola. (Epa)

«La ragione per cui vado via è il tempo. 4 anni sono un'eternità e io sono stanco». Pep Guardiola spiega così i motivi che l'hanno spinto a dire basta al Barcellona. Ha gli occhi lucidi, «questa è la mia casa, potete capire come mi sento», dice quasi sottovoce alla platea di giornalisti e giocatori che si è radunata alle 13,30 nella sala stampa del Camp Nou per ascoltare le ultime parole da tecnico del Barca dell'uomo che ha riportato il club spagnolo sul tetto del mondo come mai prima d'ora. In prima fila, i campioni della prima ora, quelli che gli hanno sempre garantito qualità e attaccamento alla maglia: Puyol, Xavi e Iniesta. Fa strano non ci sia Messi, il gioiello che ha caratterizzato con le sue magie le stagioni da fenomeno dell'allenatore catalano. Ma a volte l'emozione gioca brutti scherzi e gli addii non sono certo facili da gestire.

A spiegare al mondo la decisione che era già nell'aria da qualche settimana, si sono presentati, insieme con Guardiola, il presidente Sandro Rosell e il direttore sportivo Andoni Zubizzareta, altra vecchia gloria del Barca. Dal numero uno della società, soltanto parole di stima e di affetto per il tecnico che è riuscito a centrare l'impresa di vincere 14 titoli sui 19 a disposizione in quattro anni di gestione. "Grazie per quanto ci hai dato, sia in campo sia fuori, sarai sempre uno dei nostri, non ti dimenticheremo mai". Poi, la stretta di mano che viene ripresa dalle telecamere di tutto il mondo. Si chiude un'epoca per il calcio degli ultimi anni, perché il Barcellona di Guardiola ha creato uno stile, un marchio di fabbrica che difficilmente potrà essere replicato.

"Sono stato un privilegiato ad allenare questi giocatori", dice l'ex guida del Barca rivolgendosi ai suoi giocatori, che fanno fatica ad incrociare il suo sguardo. E ancora, rispetto alla sua scelta, Guardiola aggiunge particolari inediti rispetto ai tempi in cui è maturata. "Sapevo già ad inizio stagione che sarebbe stato per me l'ultimo anno al Barcellona. A ottobre ho comunicato le mie intenzioni alla società. Non sentivo più quel brivido che credo sia necessario per portare avanti un progetto vincente e ho deciso di farmi da parte perché non volevo prendere in giro nessuno".

Si diceva che Guardiola avrebbe potuto dire sì alle lusinghe di uno dei club più importanti del continente. Dal Chelsea all'Inter, passando per la Federcalcio inglese e dal Milan, le offerte per trovare una nuova collocazione prestigiosa certo non mancavano ad uno dei tecnici più importanti e vincenti della storia del calcio degli ultimi anni. Invece, nulla di tutto questo. Guardiola si prenderà molto probabilmente un anno sabbatico, lontano dalle pressioni che ha dovuto gestire alla guida del suo Barcellona.
Chi prenderà il suo posto? Lo fa sapere Rosell, tra il brusio di sorpresa dei giornalisti presenti in sala stampa.

«Sulla panchina del Barca siederà al 99% Tito Vilanova», il 42enne che ha accompagnato come secondo la rincorsa di Guardiola alla conquista del mondo. Una scelta, questa, che non sorprende più di tanto chi conosce da vicino le logiche della società catalana. Logiche che spiega il ds Zubizarreta: «Abbiamo valutato tanti aspetti e poi abbiamo capito che l'uomo giusto per noi ce l'avevamo in casa, come accade da tempo per molti giocatori che prendiamo dal nostro vivaio. Vilanova garantisce continuità al nostro progetto».
Guardiola lascerà Barcellona tra meno di un mese. Prima di fare posto al suo ex vice, dovrà condurre in porto la squadra in campionato, dove ormai i giochi sono fatti (Real Madrid campione e Barca secondo), ma anche e soprattutto nella finale di Copa del Rey, nella quale Messi e compagni saranno chiamati a giocarsela contro l'Athletic Bilbao di Marcelo Bielsa. Un cerchio che si chiude. Perché il primo trofeo alzato al cielo da Guardiola, guarda caso, fu proprio la Copa del Rey, nel 2009.

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