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Questo articolo è stato pubblicato il 28 aprile 2012 alle ore 13:33.

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Il Barcellona ha deciso, il sostituto di Pep Guardiola sulla panchina più ambita del pianeta sarà quasi certamente Tito Vilanova, il suo vice nell'avvicente e straordinaria rincorsa del tecnico catalano ai piani più alti della storia del club blaugrana. Nel corso della conferenza stampa che ha chiarito le ragioni del divorzio con Guardiola, il presidente del club Sandro Rosell ha detto che il progetto Vilanova andrà in porto al 99 per cento. Manca infatti ancora il placet della Giunta direttiva, che da quelle parti può dire la sua sulle scelte della società. Beninteso, nell'occasione dovrebbe essere poco più che una formalità, ma è pur sempre un passaggio obbligato. Da qui, la necessità di attendere ancora qualche giorno per formalizzare l'accordo e renderlo effettivo.

Per settimane la stampa di tutto il mondo ha provato a interpretare gli indizi che filtravano da Barcellona e che davano un Guardiola in partenza e una lista di possibili sostituti che elencava, tra gli altri, Marcelo Bielsa, Fabio Capello, Luis Enrique, Lluis Carreras (ex giocatore del Barca, ora numero uno del Sabadell, squadra della seconda divisione spagnola), e Laurent Blanc, soltanto per citare i più noti. L'equazione degli addetti ai lavori non lasciava scampo: per una grandissima società serve un grandissimo tecnico. D'esperienza, certo, ma pure di prospettiva e soprattutto vincente.

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Poi, l'annuncio di Rosell, che ha spiazzato tutti e che però risponde alle logiche del club catalano negli ultimi anni. L'ha spiegato il direttore sportivo Andoni Zubizarreta: «Siamo abituati a guardare prima a chi abbiamo già in casa». Per dare continuità al progetto, per non mettere in crisi l'equilibrio nello spogliatoio e perché in fondo è sempre meglio riprendere un discorso da un punto intermedio, piuttosto che dal principio. Tito Vilanova garantisce tutto questo. Conosce i giocatori da anni ed è al corrente delle dinamiche che hanno permesso al Barca di diventare un esempio per il bel calcio.

E dire che fino all'agosto 2011 Vilanova, 42enne di Bellcaire d'Empordà (paesino di 560 abitanti al confine con la Francia), non era conosciuto dal grande pubblico. Vero, era pur sempre il vice di Guardiola nella squadra che accumulava trionfi in giro per il mondo, ma non aveva ancora avuto modo di ritagliarsi uno spazio di visibilità internazionale. Il merito di questo "sdoganamento" va iscritto a Josè Mourinho, che al termine della sfida stellare tra Barca e Real Madrid valida per la Supercoppa di Spagna gli infilò un dito nell'occhio. La scena venne trasmessa un po' ovunque e Vilanova divenne improvvisamente un personaggio popolare suo malgrado.

Il nuovo tecnico del Barcellona non ha un un profilo da primo della classe. È stato un giocatore modesto e da allenatore ha raccolto finora soltanto attestati di stima da parte dei responsabili dei club per i quali ha prestato servizio e poco altro. Nel Barca ha fatto la trafila delle giovanili, poi è tornato da tecnico nel 2002 per allenare i cadetti, squadrone nel quale giocavano, tanto per dire, Messi e Fabregas. Altro arrivederci. Quindi, il ritorno, nel 2007, quanto l'amico di sempre Guardiola lo chiama a fare il secondo nel Barca B. È un successo, che viene replicato con lode dall'anno successivo in prima squadra.

È un predestinato, Tito, uno tosto, un uomo che ha già dovuto fare i conti con il cancro (operazione nel novembre scorso, tutto ok) e che certamente farà del suo meglio per mantenere in alto la bandiera del club catalano. I giocatori lo stimano, lo seguono e sanno come farlo felice. Per lui, è l'occasione della vita. Siederà sulla panca più prestigiosa al mondo e si giocherà giorno per giorno la conferma del suo club. Un po' come Stramaccioni, un po' come Di Matteo, che dal nulla o quasi si sono trovati a guidare fuoriserie che rischiano di finire fuori strada a ogni curva.

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