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Questo articolo è stato pubblicato il 05 maggio 2012 alle ore 14:28.

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Alex Baretta, 33 anni, ingegnere a Silicon ValleyAlex Baretta, 33 anni, ingegnere a Silicon Valley

«Sgravi fiscali per rientrare in Italia? Non sono sufficienti per convincermi a tornare, perché nel mio Paese non troverei lavoro». Alex Baretta, 33 anni, laurea con lode al Politecnico di Milano e master alla Bocconi, in Italia non riusciva a trovare un posto fisso. E così da un anno si è trasferito in California: oggi lavora in Silicon Valley come «senior software engineer». Non solo un posto fisso, ma anche un super stipendio da dirigente, all'incirca sei volte più di quanto avrebbe guadagnato in Italia.

«Qui negli States ho opportunità professionali che in Italia non potrei avere - spiega il giovane ingegnere -: credo che il governo Monti, prima di pensare a degli incentivi per alcune categorie, debba creare delle opportunità di crescita. Invece non ha fatto niente».

Una storia di emigrazione intellettuale come altre, quella di Alex, che però non parte dalle regioni più povere e carenti di prospettive per i giovani, bensì dalla ricca Lombardia. «Mi sono laureato in ingegneria nel 2001 - racconta Baretta - con una tesi di ricerca sulla teoria delle reti elettriche. È stato un percorso netto compiuto in cinque anni, ma al termine mi sono subito reso conto della difficoltà di trovare spazi adeguati. Il mio compagno di università, ad esempio, fa il collaudatore di microchip e guadagna come un operaio metalmeccanico».

«Anch'io cominciai a fare colloqui di lavoro - continua Baretta -, ma il massimo che riuscivo a trovare era un contratto da collaboratore con un salario da operaio». Alla fine «dovetti prenderne atto: in Italia non mi volevano assumere come dipendente. Il culmine fu quando feci un colloquio con il direttore generale di una multunazionale chimica che aveva appena aperto una divisione di robotica. Gli parlai della mia tesi e alla fine lui disse: mi spiace, temo di non potermi permettere una persona come lei...».

Così, il giovane ingegnere ha intrapreso la sua carriera come consulente di società che producevano in Italia impianti industriali e li vendevano all'estero. «In pratica, vendevo la mia consulenza in Italia, per la progettazione degli impianti, e poi seguivo la loro installazione presso gli acquirenti stranieri. In Italia guadagnavo circa 20 euro l'ora, all'estero ne percepivo dieci volte di più. Era, però, un lavoro massacrante, fatto di ritmi serrati e continui viaggi lontano da casa».

Tra i progetti di Baretta, impianti industriali, software di controllo, e «un enorme robot per pulire la superficie esterna delle cisterne di betoniere».

Poi, «vedendo che a causa della crisi economica non arrivavano più molti ingaggi, nel 2009 mi sono iscritto alla Bocconi per un executive master in corporate finance and banking». «Finito il master, sono stato anche contattato da Borsa Italiana, ma l'offerta era - come sempre - un lavoro precario».

Ed ecco la svolta. «Nel frattempo avevo iniziato a lavorare dall'Italia per il motore di ricerca Mylife.com - ricorda Baretta -: e così, dopo circa un anno, dopo averne parlato a lungo con mia moglie, abbiamo deciso di fare il grande salto. Lei in Italia faceva la dentista, aveva insomma una bella professione, ma abbiamo fatto qualche conto, e non c'erano dubbi: conveniva emigrare. Tantopiù che con Mylife.com esisteva una sorta di pre-accordo di assunzione, che divenne operativo quando ottenni il visto per lavorare in California. Era l'ottobre del 2010».

E la storia continua. «Poi, a gennaio 2011, ho lasciato Mylife per mettermi sul mercato americano e ho potuto toccare con mano quanto la situazione qui sia diversa. Infatti, sono gli stessi recruiter a contattarmi con proposte di lavoro». «Ora, per Climate Corporation (www.climate.com) mi occupo dello sviluppo degli algoritmi di pricing delle polizze assicurative, basate su "derivati meteo" complessi, che offriamo ai nostri clienti. Il mio stipendio? È pari a quello di un dirigente, decisamente più alto di quello che avrei percepito in Italia».

«La mia storia mi ha insegnato tante cose - conclude Alex Baretta -. Prima di tutto, per me sono stati determinanti gli incontri con alcune persone: colleghi e capi che mi hanno incoraggiato a guardare avanti, a crescere. E poi ho imparato che non bisogna chiudersi nel proprio guscio: nel campo dell'informatica, ad esempio, se apri il tuo orizzonte, le offerte ti piovono da altre parti del mondo».

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