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Questo articolo è stato pubblicato il 10 maggio 2012 alle ore 10:11.
"Prendetevi cura di mia moglie e mia figlia". Un foglietto lasciato sulla scrivania, poi la mano sulla maniglia della finestra del suo ufficio, al settimo piano della Regione, uno sguardo fuori, nelle prime ombre della notte e il volo, giù a venti metri di distanza. Per quanto la depressione consenta a chi ne è affetto di scegliere l'indirizzo da dare alla propria vita con lucidità, lucidi sembrano essere stati gli ultimi minuti della vita di Maurizio Cevenini, l'ex candidato sindaco del Pd bolognese, consigliere comunale e regionale che nella notte tra martedì e mercoledì si è sucidato con quel lancio che non gli ha lasciato scampo. E che oggi, a 24 ore dall'annuncio della sua scomparsa, non lascia scampo nemmeno ai tantissimi bolognesi che lo piangono.
Disperati, sconvolti, ancora increduli. Il Cev, il sindaco della curva Bulgarelli (quella dei tifosi del Bologna, che lo adoravano almeno quanto hanno amato Giacomino), il consigliere che sposava le coppiette, il signore gentile che non si negava a nessuno, non c'è più. Non lo vedranno più riccioluto e sorridente seduto sugli scranni del consiglio comunale o di quello regionale, mai più allo stadio, mai più a 'palazzo' a seugire la Virtus.
Una bandiera a mezzasta sventola dal Comune, segno di un dolore che, a poco più di due mesi di distanza da quello per la morte di Lucio Dalla, torna ad ammantare Bologna. Un dolore che per i cittadini è ancora più forte e inaccettabile di quello provato per la scomparsa del cantautore. Difficile, per chi non è bolognese capire chi fosse e cosa rappresentasse il Cev sotto le Due Torri. Capace di tirare su voti da percentuali bulgare alle ultime elezioni regionali, Cevenini era arrivato a un passo dal coronamento del suo sogno: diventare il sindaco. Sogno che un'ischemia transitoria ha schiantato sulla realtà. Il 18 ottobre 2010, a pochi mesi dal soffertissimo imprimatur del partito (il 2 agosto 2010 con un video ripreso fuori onda da Corriere.tv il segretario provinciale Raffaele Donini e quello nazionale Pierluigi Bersani lo definivano senza tanti giri di parole assolutamente inadatto alla poltrona), il Cev si ritira. "L'ho fatto per mia figlia", dirà spesso. Non saranno in tanti a crederlo. In tanti però si sono accorti che da quel momento non è stato più lui: la depressione lo ha abbracciato fino a soffocarlo.
La grandezza di questo 'politico della porta accanto' è oggi più evidente che mai: i messaggi di cordoglio arrivati alla famiglia e agli amici sommergono la posta elettronica di ogni giornalista. Da quello di Bersani, a quello di Casini, passando per quello del ministro degli Interni Anna Maria Cancellieri (che Cevenini ha conosciuto durante i suoi 18 mesi da commissario prefettizio a Bologna), fino a quelli di Romano Prodi e di Gianfranco Fini. Non si contano quelli degli amministratori locali, dei compagni di partito e degli avversari. Tutti ugualmente sconvolti. Nessuna eccezione a questo dolore collettivo: perché Maurizio Cevenini in vita come nella morte era un uomo che univa. Nessuno a memoria ricorda uno sgarbo, un'alzata di voce del Cev.
"Maurizio Cevenini - scrive un cittadino su una delle tre pagine Facebook del consigliere - era amico di tutti i bolognesi e tutti i bolognesi erano suoi amici". L'epitaffio gli sarebbe piaciuto, di sicuro.
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