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Questo articolo è stato pubblicato il 10 maggio 2012 alle ore 06:37.

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Maximilian Cellino
Luca Davi Comprereste un'obbligazione sapendo già in partenza che alla scadenza riceverete indietro, cedole comprese, meno di quanto avete investito? Probabilmente no, eppure c'è chi di fatto compie quasi ogni giorno una scelta come questa, in teoria contraria al buon senso del «padre di famiglia». Prendete per esempio un titolo di Stato svizzero a due anni: il suo rendimento a scadenza è negativo. Lo pagate 107 e spiccioli, riceverete indietro tra due anni 100 e le cedole che nel frattempo riscuoterete non saranno sufficienti a tornare in parità. Non occorre che consideriate commissioni di acquisto, prelievo fiscale o inflazione: se lo comprate ci perdete e basta.
Il caso non è certo isolato, nei mesi scorsi è toccato anche ai titoli tedeschi a brevissima scadenza avere un rendimento negativo. I compratori però si trovano sempre, anzi, di questi tempi sembrano anche abbondare. E il motivo di questo apparente controsenso, in fondo, è piuttosto semplice: in un periodo di estrema incertezza sul futuro dell'euro come quello attuale il rendimento può anche passare in secondo piano. Si punta infatti alla preservazione del capitale e si ricerca il porto più sicuro dove custodirlo, così il denaro va verso la Svizzera (in questo caso sotto forma di titoli di Stato) e pure verso la Germania, come dimostra il successo ieri dell'asta di Bund a 5 anni che rendono la «miseria» di uno 0,56% lordo.
«Se si guarda ai rendimenti – conferma Gianluca Gabrielli, direttore investimenti di Soprarno Sgr, a proposito dei bond elvetici – si comprende come questi titoli funzionino né più né meno come un'assicurazione: il rendimento negativo rappresenta il premio da pagare per ricevere comunque indietro la liquidità indipendentemente dal fatto che si verifichi o meno l'evento dal quale ci si copre». Va da sé che lo scenario catastrofico i cui effetti si vogliono evitare è il collasso dell'euro: per questo si investe in Svizzera, un Paese che ha una valuta differente e che non presenta nessuno degli squilibri (debito pubblico soprattutto) che affligge l'Eurozona. Anche a costo di «perdere» denaro.
Il ragionamento vale sotto molti aspetti pure per la Germania, ritenuta a torto o a ragione sufficientemente al riparo dalla bufera. Anche se sui movimenti più recenti dei Bund (i cui rendimenti sul decennale sono precipitati ai minimi storici) c'è chi ha una spiegazione in parte differente. «Credo che gli acquisti di queste ultime settimane siano legati più alle attese di crescita negativa per l'Eurozona che alla fuga dal rischio: si sono semplicemente vendute azioni per comprare bond», sostiene Guido Casella, responsabile fondi obbligazioni di Azimut.

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