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Questo articolo è stato pubblicato il 13 maggio 2012 alle ore 14:55.

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«Darei un premio speciale a Silvio Berlusconi e al suo governo per la lotta alla mafia. Ha introdotto delle leggi che ci hanno consentito di sequestrare in tre anni moltissimi beni ai mafiosi. Siamo arrivati a quaranta miliardi di euro». La frase pronunciata ieri dal procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, nel corso di un'intervista alla Zanzara su Radio 24, ha provocato un mix di reazioni di segno opposto.

Maroni: è un riconoscimento postumo, ma grazie
«Mi ha fatto molto piacere sentire le parole di Grasso - ha commentato l'ex ministro dell'Interno del Governo Berlusconi; Roberto Maroni - soprattutto perchè le misure di aggressione ai patrimoni mafiosi le avevo introdotte io».

Magistratura democratica: parole sconcertanti
«Sono sconcertanti le parole del Procuratore Grasso sulla politica del governo Berlusconi in tema di lotta alla mafia», ha invece affermato in una nota Piergiorgio Morosini, segretario generale di Magistratura Democratica. «Sui sequestri ci sono leggi collaudate già da qualche decennio e gli esiti positivi degli ultimi anni, in materia di aggressione ai patrimoni mafiosi, sono dipesi dallo spirito di abnegazione e dalla capacità professionale delle forze dell'ordine e della magistratura. Dobbiamo ricordarci, in proposito, che la denigrazione sistematica del lavoro dei magistrati non può essere certo annoverata tra le azioni favorevoli alla lotta alla mafia». Morosini ha anche ricordato che «il Codice Antimafia, poi, varato nel biennio 2010-2011, a detta di esperti, a livello accademico e giudiziario, brilla per inadeguatezze e lacune». Per Morosini, poi, «il governo Berlusconi non ha fatto nulla in tema di evasione fiscale e lotta alla corruzione che sono i terreni su cui attualmente si stanno rafforzando ed espandendo i clan. Per non parlare delle leggi che hanno agevolato il rientro in Italia di capitali mafiosi nascosti all'estero e della mancata introduzione di norme in grado di colpire le alleanze nell'ombra tra politici e boss. Si aggiunga che non c'è stata nessuna novità in tema di lotta al riciclaggio e ci sono stati reiterati tentativi per indebolire il decisivo strumento investigativo delle intercettazioni. In altri termini, la politica antimafia del centrodestra ricorda piuttosto il titolo di un noto brano del cantautore emiliano Ligabue "Tra palco e realtà": tanti proclami e poca sostanza».

Un magistrato deve essere e apparire indipendente
Oggi il procuratore Grasso, al dibattito organizzato da Addiopizzo al Giardino inglese di Palermo, ha sottolineato che «un magistrato oltre a essere autonomo e indipendente deve apparire autonomo e indipendente agli occhi dei cittadini. Le tendenze politiche di un magistrato non si devono conoscere, per non influenzare la sua attività». Grasso ha chiarito poi le dichiarazioni rilasciate al programma "La zanzara" sul procuratore aggiunto di Palermo, Ingroia, definito «tagliatissimo per fare politica». «In realtà basta sentire le registrazioni - ha spiegato - e mi sono chiarito personalmente con Ingroia ma è giusto farlo anche in questa sede: ho dichiarato che è un ottimo magistrato e che secondo me sarebbe stato anche tagliato per la politica, tutto qui. Poi - ha ricordato - mi hanno chiesto 'andrebbe a un congresso di partito?' e da magistrato in servizio ho detto no». Fra poco, ha detto Grasso, «finirà il mio incarico di procuratore per questo cerco di realizzare i desideri o le utopie di uomini che oggi non ci sono più e ci mancano da 20 anni, come Falcone e Borsellino».

Nessuna trattativa con Cosa Nostra
«C'e in atto un'indagine, speriamo di chiarire una serie di trattative funeste», ha detto il procuratore nazionale antimafia sulle stragi di mafia del 1992. «Ma nessuna trattativa è possibile - ha osservato Grasso - con un'organizzazione colpevole di atti efferati come l'omicidio del piccolo Di Matteo, trattare vuol dire venire a patti, dare qualcosa in cambio. Come si può pensare di dare qualcosa a un'organizzazione del genere?».

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