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Questo articolo è stato pubblicato il 17 maggio 2012 alle ore 15:20.

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Mappamondo di Mercatore, 1587 - Londra British MuseumMappamondo di Mercatore, 1587 - Londra British Museum

Sarà il presidente del Consiglio Mario Monti, sabato mattina, a introdurre i lavori della sessione "Economic and Global Issues" del G-8, che si apre domani negli Stati Uniti a Camp David. Martedì sera Monti ha avuto una conversazione telefonica con Obama, mentre oggi pomeriggio i temi legati all'agenda del G-8 e alla crisi economica saranno discussi, con una serie di telefonate e di conference call, oltre che da Monti, dal neoeletto presidente francese François Hollande, dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, dal premier britannico David Cameron e dal presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy.

Il vertice G-8 è stato spostato nella residenza presidenziale di Camp David dall'originaria scelta di Chicago. C'erano due buoni motivi: evitare manifestazioni violente di protesta e fare una cortesia diplomatica verso il rieletto presidente russo Vladimir Putin, che non avrebbe potuto partecipare a pieno titolo anche al summit della Nato, previsto subito dopo la conclusione del G-8 sempre a Chicago e poi rinviato di un giorno a domenica 20 e lunedì 21 maggio. Putin ha invece deciso di snobbare il G-8 e di inviare al suo posto a Camp David il primo ministro Dmitri Medvedev, rimandando il faccia a faccia con Obama al G-20 di metà giugno in "campo neutro": il summit avrà luogo nella località balneare messicana di Los Cabos (Bassa California del Sud).

Ma quanto "pesa" oggi il G-8? Il 13% della popolazione mondiale e circa il 50-60% del Pil, mentre nel G-20 ci sono i due terzi degli abitanti della Terra, oltre a più dell'80% del Pil. Nel 2012, per la prima volta, le importazioni dei mercati emergenti supereranno il 50% del totale globale; già dal 2010 la Cina è diventata la seconda economia del mondo con quasi 5.900 miliardi di dollari di Pil, dietro agli Stati Uniti (14.500 miliardi di dollari), ma davanti al Giappone (poco meno di 5.500 miliardi), dopo una rimonta a tappe forzate fra il 2000 e il 2007 con i sorpassi di Italia, Francia, Gran Bretagna e Germania (nell'ordine).

L'economia cinese è cresciuta negli ultimi trent'anni del 10% l'anno; un ritmo che, secondo un recente rapporto della Banca mondiale, non sarà possibile mantenere in futuro. Ma l'economia cinese dovrebbe superare comunque quella degli Stati Uniti entro il 2030, riprendendosi quel primato che il "Paese di Mezzo" ("Zhong-Guo", come dicono i cinesi), aveva mantenuto per secoli, da prima dell'anno Mille fin quasi alla vigilia della rivoluzione industriale. Secondo il londinese Center for Economics and Business Research (Cebr), già nel 2020 i Paesi emergenti domineranno la classifica del G-8 in base al Pil, lasciando fuori Francia e Italia in nona e decima posizione: entro quella data una "new entry" sarà l'India, che si collocherà al quinto posto dopo Usa, Cina, Giappone e Russia, seguita da Brasile, Germania, Gran Bretagna.

Se giriamo all'indietro la bobina della storia, possiamo individuare quali Paesi si sarebbero seduti a un immaginario tavolo del G-8 all'inizio dell'età moderna (l'epoca delle grandi scoperte geografiche) e nei due secoli che hanno preceduto la rivoluzione industriale: il 1512, cinquecento anni fa, è ovviamente una data simbolica. Quando Vasco de Gama, avendo circumnavigato l'Africa, gettò l'ancora a Calicut sulla costa sud-occidentale dell'India nel maggio 1498, gli europei non avrebbero mai immaginato che il loro continente avrebbe poi dominato gran parte del mondo.

A quell'epoca Cina e India contribuivano per quasi la metà della popolazione e del reddito mondiale, come si può vedere dai calcoli - pur approssimativi – elaborati per conto del Development Centre dell'Ocse da Angus Maddison (scomparso nel 2010). Alcuni economisti giudicano "numeri in libertà" le stime sul Pil mondiale dalla nascita di Cristo ai giorni nostri fatte da Maddison, ma se il riferimento va dal 1500 in poi, i dati e i confronti diventano più credibili, almeno come ordine di grandezza.

Nel G-8 dell'epoca l'Italia, con 10,5 milioni di abitanti, era nettamente in testa quanto a reddito pro capite: Maddison ha stimato 1.100 dollari annui, calcolati a prezzi costanti del 1990 (valore che sarebbe da moltiplicare per 1,8 a prezzi correnti del dollaro 2012). Dopo la pace di Lodi del 1454, che segue di un anno il trauma della caduta di Costantinopoli a opera dei turchi, la nostra penisola vive una prolungata fase di prospera stabilità. È il momento in cui Venezia, per citare Fernand Braudel, si pone al centro dell'economia dell'Occidente e le navi costruite nel suo arsenale solcano l'intero Mediterraneo, facendo della Serenissima la città più ricca della cristianità.

Di fronte a un'Europa divisa in piccoli regni, principati e signorie - per quanto si stessero formando le monarchie di Spagna, Francia e Inghilterra (ma solo le prime due avrebbero potuto partecipare al G-8 del 1512 in base del Pil) – nell'Asia orientale esistevano entità politico-statuali solide e militarmente forti, come la Cina sotto la dinastia dei Ming e un po' più tardi lo shogunato dei Tokugawa in Giappone e l'impero Moghul in India. Sempre secondo i calcoli di Maddison, nelle otto nazioni più importanti all'inizio del XVI secolo vanno incluse anche Germania e Russia.

Di tutte le civiltà di quei tempi – scrive Paul Kennedy nel suo celebrato saggio "Ascesa e declino delle grandi potenze" – nessuna appariva più progredita di quella della Cina; il suo apparato amministrativo, diretto da una colta burocrazia confuciana, diede alla società cinese una coesione e una raffinatezza tali da suscitare l'invidia dei visitatori stranieri. La quantità di ferro che la Cina era in grado di produrre fin dagli ultimi decenni dell'XI secolo - circa 125mila tonnellate annue - era di gran lunga superiore a quella dell'Inghilterra agli albori della rivoluzione industriale, sette secoli più tardi!

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