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Questo articolo è stato pubblicato il 20 maggio 2012 alle ore 14:34.

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Male e tardi invece di bene e presto. La ricapitalizzazione "ponte" delle banche greche, un'operazione da 50 miliardi di euro pianificata agli inizi dell'anno per essere eseguita subito dopo la ristrutturazione dei titoli di Stato greci, è l'ennesima dimostrazione dell'inadeguatezza e della lentezza dei mezzi di soccorso e degli interventi di emergenza messi in campo dall'Eurozona per arginare la crisi del debito sovrano europeo e delle banche europee. Il pasticcio sul rafforzamento patrimoniale delle banche greche a carico dell'Eurozona (Fmi escluso), un "prestito titoli" a triangolo tra il fondo salva-Stati Efsf, l'Hfsf (il fondo di stabilità finanziaria ellenico) e il sistema bancario greco, finora ha riguardato 25 sui 50 miliardi ipotizzati: l'operazione si è impaludata negli iter burocratici, al punto che le banche greche non hanno potuto più finanziarsi presso la Bce e si sono dovute rivolgere alla linea di emergenza Ela presso la Banca centrale greca.

Ritardi e procedure opache su questa operazione Efsf-Hfsf hanno contribuito in questi giorni a incoraggiare la fuga dei capitali dagli istituti di credito ellenici. Questo fallimento non promette nulla di buono nel caso in cui la Spagna dovesse avere bisogno in tempi rapidi di 50 miliardi per ricapitalizzare le sue banche con il sostegno dell'Eurozona: e questo spiega perché in questi giorni stanno emergendo soluzioni alternative all'Efsf, con proposte che vorrebbero coinvolgere la Bce.
Il presidente della Bce Mario Draghi, in occasione nella conferenza stampa di maggio presso l'Eurotower, è stato molto esplicito quando, rispondendo a una domanda, ha sostenuto che «l'esperienza con l'Efsf non è stata di successo»: il suo funzionamento «non è stato all'altezza delle aspettative e delle necessità» perché è stato creato in un modo che «difficilmente avrebbe potuto funzionare». La Bce non perde però occasione per precisare di non avere nulla a che fare con le ricapitalizzazioni pubbliche dei sistemi bancari europei, operazioni che devono essere orchestrate dagli Stati e dalle banche centrali nazionali.

L'Efsf, come l'Esm (il fondo di stabilità permanente in arrivo in luglio), non ha licenza bancaria e quindi non è in grado di raccogliere velocemente sui mercati grandi importi: questo limite lo rende lento, goffo e inefficace di fronte alle emergenze. L'Efsf riesce a gestire i piani di sostegno finanziario a Irlanda, Portogallo e ora Grecia cadenzati con prestiti trimestrali o mensili: ma non può intervenire rapidamente e in maniera pesante acquistando i titoli di Stato in asta o sul secondario, ai ritmi di cui è stata capace la Bce lo scorso agosto.

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