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Questo articolo è stato pubblicato il 23 maggio 2012 alle ore 20:37.

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CAIRO - «È un voto per l'Egitto, libero e moderno», non per qualcuno in particolare. Ibrahim, impiegato pubblico di mezz'età si è messo in fila al mattino presto di fronte al seggio per scegliere il primo presidente del dopo Mubarak. Non vuole dire per chi voterà, ma qui nel quartiere bene di El Dokki, sulla riva ovest del Nilo, si guarda soprattutto ad Amr Moussa, ultra settantenne ex ministro degli esteri e segretario della Lega araba, per completare la transizione del paese. Assem El Essawi, 32 anni, funzionario di una grande organizzazione internazionale, ne spiega i motivi. «Serve una persona di esperienza, che dia stabilità al paese e all'economia, e che sia presentabile agli occhi internazionali».

Sono passati 16 mesi dalla rivoluzione che ha rovesciato Hosni Mubarak, dopo trent'anni da presidente incontestato, e tre votazioni (il referendum per l'approvazione della costituzione provvisoria emessa a marzo dello scorso anno e le elezioni delle due camere del nuovo Parlamento, a partire da novembre). Mesi di speranze di cambiamento mai realizzato fino in fondo sotto la guida del Consiglio supremo delle forze armate (Scaf) e che hanno visto nuove proteste e nuovi morti (gli ultimi venti nei pressi di piazza Abbaseya a inizio mese, quando un gruppo di manifestanti è stato attaccato da teppisti armati) nel tentativo di spingere i generali a lasciare il potere ad un governo civile, ciò che accadrà secondo gli annunci a fine giugno.

La stanchezza è palpabile tra la popolazione del Cairo, che ha aperto i seggi per il primo dei due giorni di votazioni, che richiameranno in tutto il paese circa 50 milioni di elettori. Troppo energia è stata sprecata durante e dopo i giorni di Piazza Tahrir e bisogna gettare tutto alle spalle, pur imboccando la giusta strada. A El Dokki, come nella vicina area popolare di Adr Lewa, Moussa se la gioca con Hamdin Sabbahi, socialista nasseriano, 57 anni, la sorpresa della vigilia. L'alternativa più accreditata, da sondaggi poco affidabili e dai risultati parziali del voto dei residenti all'estero, è Abdul Aboul Fotouh. «Credo che sia meglio lui, un islamista liberale, di quanti pretendono di prendersi cura del popolo, senza farlo. Spero davvero che qui si instauri finalmente un cultura delle elezioni» confessa Sara, figlia di un indiano, una dei tanti giovani con sangue o sogni non egiziani, prima di votare.

Aboul Fotouh, medico di 61 anni, ex dirigente dei Fratelli mussulmani, si presenta come indipendente, con il sostegno di parte dei ceti moderati, ma anche degli ultra conservatori salafiti dopo l'esclusione del loro candidato da parte della Commissione elettorale (che su indicazione dei generali, o per incompetenza secondo altri, non ha ammesso o ha squalificato in seguito i nomi con maggiore seguito). Tra questi c'era Khairat al Shater, uno dei principali leader e finanziatori dei Fratelli Mussulmani, che si dividono con i movimenti salafiti la maggioranza del nuovo parlamento. Il suo sostituto, Mohammad Mursi, il cui volto campeggia su ogni centimetro disponibile nel quartiere degradato di Beaulac, può contare più sulla formidabile macchina organizzativa della Fratellanza in ogni classe sociale che sul proprio carisma. «Ci aspettiamo un supporto consistente, non qui al Cairo che è più liberale come tutte le città, ma nell'interno del paese» prevede Ahmad Rezk, 25 anni, professore di arabo e membro della sezione giovanile della confraternita.

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