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Questo articolo è stato pubblicato il 24 maggio 2012 alle ore 14:07.

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I CANDIDATI
I candidati sono 12, ma alla fine la gara è ridotta a cinque personaggi. La distinzione - due islamici e tre laici – non è corretta fino in fondo, ma utile a illustrare quale volto potrà assumere l'ex regno di Hosni Mubarak.

Abdel Moneim Abul Fotouh, 61 anni
Da tempo la colomba degli islamici, ha fama di essere un moderato. Membro dell'ala riformista dei fratelli musulmani, espulso dal movimento perché ha voluto autocandidarsi, nei sondaggi Fatouh non fa faville, ma il suo tentativo di riunire . attraverso un piattaforma politica moderata, non solo gli islamici - conservatori e moderati - ma anche i liberali laici, fino ad alcune frange di cristiani copti, sta raccogliendo un certo consenso. Fotouh piace anche a una parte dei giovani egiziani che diedero il via alla rivolta, scendendo nelle strade a fine gennaio per chiedere la caduta del regime. Uno dei principali organizzatori della rivoluzione, Wael Ghonim, l'ex dirigente di Google divenuto un ‘icona della rivolta contro il regime, lo ha pubblicamente sostenuto.

Mohamed Morsi, 60 anni
Se Fotouh rappresenta la colomba , l'integerrimo conservatore Mohammed Morsi, il candidato ufficiale del Partito libertà e giustizia, la formazione dei Fratelli musulmani è il falco che fa paura all'Occidente. Vorrebbe l'imposizione di un califfato islamico, accusano i suoi oppositori. Qualcuno lo definisce "ruota di scorta", un chiaro riferimento alla sua candidatura, resa possibile solo quando la Corte costituzionale guidata dal presidente Faruk Sultan, ha escluso il candidato dei fratelli Musulmani, Kairat al Shate, il popolare businessman miliardario che era dato da molti per sicuro vincitore. Mossi non ha certo il carisma e il consenso di Kairat. Ma l'organizzata ed efficiente macchina elettorale dei fratelli musulmani- che non ha concorrenti nel Paese – lo rende uno dei candidati più accreditati al turno di ballottaggio.

Amr Mussa, 75 anni
Ex segretario generale della Lega araba (2001-2011) , ed ex ministro degli esteri sotto Mubarak (1991-2001) , Moussa è considerato l'uomo da battere. Agli occhi di molti osservatori è l'uomo più adatto a guidare una transizione che non è ancora terminata, Moussa piace a molti egiziani per il suo atteggiamento anti israeliano coltivato sin dai tempi in cui era ministro degli esteri. Ma proprio in virtù della sua abilità e della sua esperienza, l'accorto politico Moussa è astuto a sufficienza da non pregiudicare - confidano le diplomazie occidentali - il trattato di pace con Israele, firmato nel 1978.

Ahmed Shafiq, 70 anni
L'ultimo primo ministro di Mubarak, ex comandante dell'aviazione militare, è un figura che sta raccogliendo consensi ma anche molte critiche. Ieri quando si è recato a votare è stato investito da lanci di scarpe e pietre. Perché Shafiq è visto -e non a torto – come candidato che gode del pieno sostegno dell'esercito, il nemico che gli egiziani sono ora decisi ad abbattere.

Hamdin Sabbahi, 57 anni
Laico, imprigionato più volte durante gli anni del regime, il nasseriano Sabbahi , fondatore del Partito Dignità, propugna una piattaforma nazionalistica , che spinga per raffreddare le relazioni con Stati Uniti e Israele. I sondaggi non sono dalla sua parte, ma secondo i suoi sostenitori potrebbe essere lui la vera sorpresa.

L'ALLARME DOPO ELEZIONI
I sondaggi in Egitto sono una novità. Probabile dunque che non siano accurati. Sull'esito del voto c'è quindi ancora molta incertezza. Le sorprese non sono escluse.
Ma è proprio il periodo che precederà la diffusione dei risultati ufficiali – al secondo turno ma anche al primo - che potrebbe spingere la gente in piazza. La diffusione di risultati parziali, non ufficiali e non corretti, o le accuse di brogli da parte di qualche candidato, potrebbero avere un effetto imprevedibile.

La tensione resta molto alta. L'allarme dell‘ex capo dei servizi segreti egiziani, Omar Suleiman, escluso dalla competizione elettorale dalla Corte costituzionale, è un esempio emblematico dell'aria che tira al Cairo. Intervistato dal quotidiano arabo 'al-Hayat', alla vigilia delle elezioni presidenziali, Suleiman ha affermato senza mezzi termini che in caso di vittoria dei Fratelli Musulmani «in Egitto potrebbe verificarsi un golpe militare mirato a difendere il suo futuro dalla tragedia provocata dall'ascesa al potere degli islamici». "I Fratelli Musulmani potrebbero trasformare l'Egitto in una base per il terrorismo, una sorta di Pakistan o di Afghanistan», ha poi rincarato al dose. Un punto di vista provocatorio, da molti considerato eccessivo, ma che la dice lunga sul clima in cui si svolgono queste storiche elezioni. .

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