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Questo articolo è stato pubblicato il 27 maggio 2012 alle ore 17:07.

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Ma ci saranno queste novità fuori e dentro il perimetro del centrodestra? Qualcosa si sta muovendo. Il Movimento 5 Stelle è ormai diventato un competitore temibile per il voto di tutti i partiti tradizionali. Non è chiaro come riuscirà a fare il salto dal livello locale a quello nazionale, ma intanto cresce nelle intenzioni di voto registrate da tutti i sondaggi.

Renzi ha lanciato la sua sfida alla attuale classe dirigente del Pd. Il sindaco di Firenze non vuole uscire dal Pd, vuole conquistarne la leadership grazie alle primarie. Ma non è affatto detto che Bersani gliele conceda né che le vinca. Montezemolo aspetta che si chiariscano le cose dentro il centrodestra. Non sbaglia a temporeggiare in questa fase in cui sono ancora indefiniti sia le regole che gli attori della competizione. Prima o poi però dovrà decidere e non è affatto chiaro come si presenterà. È difficile che possa riuscire a fare il "federatore" dei moderati come fece il Berlusconi del 1994.
Altre novità sono in preparazione. Il Pdl deve fare qualcosa se non vuole sparire. Cosa? Non si sa ancora. Brandire il progetto del semi-presidenzialismo francese non basta. Anche nella Lega si annunciano cambiamenti dopo i prossimi congressi. Insieme a Pizzarotti, Tosi è l'altro vero vincitore di queste elezioni. Vincere a Verona al primo turno con una propria lista prendendo il 57% dei voti è un fatto che deve far riflettere i leghisti e gli altri.

Se Maroni riuscirà a plasmare una nuova Lega applicando il "modello Verona" ne vedremo delle belle nel Nord del paese. Queste elezioni hanno evidenziato in maniera inequivocabile il vuoto di rappresentanza in questa area. Lo stesso vuoto che esisteva negli anni 1992-1994.
Le vittorie dei sindaci di centrosinistra non devono trarre in inganno. Hanno vinto per abbandono dell'avversario, non per forza propria. Nulla di male. Si può vincere in tanti modi e non è certo colpa del Pd se gli altri lo fanno vincere. La responsabilità del partito di Bersani è un'altra. Il Pd di oggi, come i Progressisti di Occhetto nel 1994, ha davanti a sé una occasione storica per allargare i suoi consensi al Nord e non solo. Ma ancora una volta si presenta a questo appuntamento con una offerta politica inadeguata.

Di fronte a un Paese che chiede con forza una nuova classe dirigente quella del Pd appare irrimediabilmente "vecchia". Nelle facce e nelle idee. In fondo nemmeno questa è una colpa. Anche così il Pd di Bersani resta il primo partito del Paese, e il più solido. Il problema è che questo Pd non ce la fa a riempire il vuoto lasciato da Pdl e Lega. Eppure questa volta, a differenza del 1994, potrebbe vincere, nonostante i suoi scomodi alleati. Ma molte cose devono andare per il verso giusto perché questo accada.

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