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Questo articolo è stato pubblicato il 29 maggio 2012 alle ore 13:44.

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(LaPresse)(LaPresse)

Voleva salvare la statua della Madonna, un po' come faceva Don Camillo con il ‘suo' crocifisso durante la piena del ‘Grande Fiume', ma nel film dell'orrore che si sta svolgendo in queste ore in Emilia non c'è lieto fine. Così don Ivan Martini, per i suoi fedeli don Ivo, è morto nel crollo dei calcinacci della sua parrocchia di Santa Caterina a Rovereto, frazione del comune modenese di Novi, mentre, poco dopo la scossa delle 9 stava facendo un sopralluogo assieme ad un vigile del fuoco. Illeso il vigile, morto sul colpo don Ivo.

Non c'è tregua per la terra d'Emilia, non ce n'è per i suoi abitanti che in questo sisma che non finisce hanno perso amici, parenti, case e lavoro. Tra le storie più choccanti di questo terremoto quella di Mauro Mantovani, titolare della Aries di Mirandola, morto questa mattina nel crollo della sua azienda, specializzata nella produzione di prodotti biomedicali. Lo scorso 23 maggio, Mantovani aveva rilasciato un'intervista a Sole 24 Ore, disperato per i danni che il suo capannone aveva già subito non si era perso d'animo e aveva trovato un'alternativa. Contro di lui, contro il suo coraggio e la voglia di riprendersi, ha lavorato il destino.

A San Felice sul Panaro, nel crollo del capannone della Meta sono morti tre lavoratori: due operai Kumar Pawan, trentunenne originario del Punjab che lascia moglie e figli. A piangerlo davanti all'ingresso dell'azienda un gruppo di Sikh, parenti e amici, uno dei quali ricorda: «Kumar aveva paura ma era stato chiamato a lavorare, non poteva dire di no, aveva paura di perdere il posto». Stesso destino per un altro padre di famiglia Mohamad Azaar, 45 anni del Marocco. Assieme a loro, al momento del crollo che li ha sepolti vivi, anche un ingegnere italiano. I tre, e non è per niente il caso di parlare di ironico destino, casomai di tragedia nella tragedia, stavano facendo i sopralluoghi del caso per verificare la staticità dell'edificio che gli è crollato addosso.

«Meta - racconta il sindaco di San Felice sul Panaro, Alberto Silvestri - era un'azienda come un'altra, che aveva voglia di ripartire» dopo le scosse dei giorni scorsi. Tutti qui in Emilia, fino a poche ore fa, fino alle 9.07 avevano voglia di ripartire, tutti credevano che ormai il peggio fosse passato. Qualcuno pur vivendo nelle zone colpite dal sisma non era stato costretto ad abbandonare la propria abitazione, nessun danno strutturale, nessuna crepa angosciosa allargata sulle pareti di casa. E nessun danno, nessuna crepa probabilmente si era allargata sulle case delle due persone che sono morte travolte dal loro crollo a Concordia e Finale Emilia

A Cavezzo ancora una vittima, una donna, sepolta sotto le macerie del mobilificio Malavasi. Si continua a scavare con le pale, e a mani nude: tutti, vigili del fuoco e protezione civile, e gente comune, modenesi sotto shock, modenesi coraggiosi che raspano tra sassi e pietre alla ricerca di chi non risponde all'appello. Così si continua a scavare alla Bbg di Mirandola alla ricerca di due operai dispersi: già uno di 39 anni, un tecnico esterno alla ditta, aveva perso la vita questa mattina durante la scossa delle 9,07.

Ad alzare gli occhi al cielo qui è l'apocalisse: sembra che nessun palazzo antico o moderno abbia la forza per resistere alle scosse che continuano, impietose, a far tremare la terra. I crolli di edifici storici non si contano più: a Finale è crollata definitivamente la Rocca: aveva in parte resistito il 20 maggio: oggi si è piegata alla furia di un'onda d'urto da 5.8 gradi.

Stesso destino per la città fantasma di Mirandola che al sisma di oggi ha pagato il tributo del suo duomo, che non ha più la copertura della navata centrale. Inutile ora parlare di fiducia e di speranza ai modenesi, inutile parlarne a chiunque si trovi in questa terra stravolta dalle perdite e dalla paura. Che non è più nemmeno paura: è panico ogni volta che un refolo di vento fa sbattere una finestra o scuote le fronde di un albero.

Si vive l'orrore, tutti assieme: non c'è differenza tra cittadini, fotografi, giornalisti, vigili del fuoco e volontari. Questa terra che continua a tremare, ad ammazzare la sua gente, ad abbattere la sua storia sembra rivoltarsi ai suoi abitanti.

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