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Questo articolo è stato pubblicato il 31 maggio 2012 alle ore 07:13.

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BRUXELLES - A una settimana dal vertice europeo, la Commissione ha annunciato ieri che i suoi cavalli di battaglia nel tentativo di rafforzare l'integrazione della zona euro saranno la nascita di un'unione bancaria e la possibilità di consentire al meccanismo europeo di stabilità (Esm) di ricapitalizzare le banche. L'annuncio giunge mentre preoccupa la situazione bancaria in Spagna, tanto che al Paese potrebbe essere concesso più tempo per ridurre il proprio deficit pubblico.

La Commissione vuole dare «una risposta ambiziosa e strutturata» alla crisi debitoria nella zona euro, ha spiegato ieri a Bruxelles il presidente della Commissione José Manuel Barroso. In un vertice informale mercoledì 23 maggio, il Consiglio europeo ha deciso di dare mandato ai presidenti della Commissione, del Consiglio, della Banca centrale europea e dell'Eurogruppo di preparare un rapporto sul futuro della zona euro da qui alla fine di giugno.

In quella occasione, il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy aveva spiegato che l'obiettivo del gruppo di lavoro è di mettere nero su bianco i possibili "tasselli" - building block in inglese - della futura unione monetaria. La stessa espressione è stata utilizzata ieri da Barroso. Tra i prossimi passi verso una piena unione economica e monetaria, la Commissione individua una unione bancaria, associata a una sorveglianza bancaria integrata e a una garanzia europea dei depositi.

«Nella stessa direzione, per spezzare il legame tra le banche e i debiti sovrani, la diretta ricapitalizzazione degli istituti di credito da parte dell'Esm potrebbe essere considerata», si legge in un rapporto sullo stato di salute della zona euro. Finora, questa ipotesi è stata osteggiata dalla Germania. La crisi finanziaria in Spagna l'ha certamente riportata d'attualità, anche perché il Governo Rajoy è stato costretto nei giorni scorsi a nazionalizzare la quarta banca del Paese.

Interpellato ieri sulla reale concretezza della sua proposta, Barroso è stato volutamente cauto. «È importante per ora utilizzare tutti gli elementi di flessibilità concessi dal trattato costitutivo del fondo (...). Dobbiamo se necessario valutare eventuali cambiamenti legali». Per ora, l'interpretazione più frequente è che solo i Paesi possano prendere a prestito dal fondo europeo per poi eventualmente utilizzare il denaro per aiutare le proprie banche.

Il momento è delicatissimo. L'incertezza politica in Grecia - dove alcuni partiti in vista del voto del 17 giugno stanno facendo campagna elettorale a favore dell'uscita del Paese dalla zona euro - ha provocato una fuga di capitali. Le autorità monetarie hanno toccato con mano un calo dei depositi, non solo in Grecia ma anche in Spagna. Proprio riguardo alla Spagna, ieri la Commissione ha aperto la porta alla possibilità di concedere al Paese maggiore tempo per ridurre il proprio disavanzo.

«Siamo pronti a considerare di spostare dal 2013 al 2014 la data entro la quale ridurre il deficit sotto al 3,0% del Pil», ha affermato il commissario agli affari monetari Olli Rehn, «a condizione che il Governo presenti una finanziaria su due anni per il 2013-2014 e si assicuri di controllare la spesa pubblica regionale». È interessante notare che la presa di posizione è stata verbale. Nelle raccomandazioni scritte, la Commissione ha riaffermato gli impegni attuali.

Pur sottoposta a condizione, l'apertura potrebbe rivelarsi un precedente per altri Paesi. Ieri, Rehn ha però sottolineato che la situazione spagnola è eccezionale. Anzi, la Commissione ha riservato una raccomandazione particolarmente impegnativa alla Francia, che secondo il commissario deve «reagire rapidamente» per rispettare il suo obiettivo di bilancio nel 2013, che è di portare il deficit al 3% del Pil. La Commissione ha chiesto a Parigi di stilare al più presto le misure che intende adottare.

A pochi giorni dalle prossime elezioni legislative francesi, la richiesta comunitaria è quasi una provocazione. In realtà, la Commissione ha condotto per la prima volta un esercizio difficile, fatto di analisi e raccomandazioni. Non sempre facili da accettare nelle capitali nazionali, ma indispensabile se la zona euro vuole procedere sul cammino di una maggiore integrazione. Ieri su questo fronte la Commissione ha mostrato le sue carte. La palla ora passa ai Governi.

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