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Questo articolo è stato pubblicato il 30 maggio 2012 alle ore 13:18.
La Procura di Modena ha aperto un fascicolo d'inchiesta per omicidio e lesioni in merito ai crolli dei capannoni industriali della provincia. Le carte sono in mano a Luca Guerzoni e Mariangela Sighicelli che dovranno accertare se le aziende costruttrici si sono attenute alle norme antisismiche vigenti.
Ci sono voluti due terremoti devastanti come quello di San Giuliano di Puglia alla fine del 2002 e quello d'Abruzzo della primavera del 2009 perché in Italia si avviase un processo di nuova mappatura delle zone di pericolosità e quindi una revisione delle normative antisismiche. Deve venire giù tutto insomma perché si muova qualcosa.
Così nel 2003, a pochi mesi dal crollo della scuola di San Giuliano di Puglia dove a morire furono 27 bambini, ci si accorge che la mappatura circa la pericolosità sismica del territorio nazionale è vecchia di circa 20 anni e che è ora di aggiornarla. Succede così che dai libri di storia rispunta il passato di scossoni dell'Emilia, fatto che la inserisce in zona a pericolosità 3, con alcune aree classificate 3S.
"E' molto importante distinguere tra pericolosità e rischio - spiega Angelo Masi, docente di Tecnica delle costruzioni all'Università della Basilicata e membro del consiglio direttivo di RELUIF, Rete laboratori universitari di ingegneria fisica - perché la prima riguarda la prevenzione sismica, il secondo invece riguarda gli effetti del sisma". Se sulla prima si può intervenire per salvare vite umane, al secondo si guarda quando ormai le vite sono perse.
La normativa circa le norme di costruzione di edifici antisismici è stata approvata in Italia nel 2005, ma per un quadriennio è resistita in regime di 'covigenza' con la vecchia norma, meno vincolante e restrittiva. In sostanza all'ingegnere e al costruttore spettava la scelta tra le due: "di solito - continua Masi - si propendeva per la prima, perché più semplice, anche se obsoleta".
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La legge Tremonti bis del 2001 assegnava incentivi fiscali alle imprese che reinvestivano gli utili in investimenti in beni strumentali, capannoni, macchinari e così via. Così è ipotizzabile che buona parte dei capannoni crollati (per cui risultano già iscritti nel registro degli indagati venti persone) siano stati costruiti seguendo la vecchia normativa. Quella nuova, per diventare vincolante e quindi obbligatoria, ha dovuto veder l'alba di una nuova strage, quella del terremoto a L'Aquila. "A quel punto, a partire dal primo luglio 2009 il regime di covigenza è decaduto e ogni nuova costruzione è stata fatta secondo i criteri stabiliti in realtà 5 anni prima".
Per ingegneri e costruttori è stata una rivoluzione: "E' vero che la la normativa è complicata in molti suoi punti, ma è un'ottima normativa. Per semplificarla, comunque, alcune Regioni tra cui l'Emilia Romagna hanno previsto una serie di procedimenti più snelli per chi non è chiamato a costruire un palazzo di interesse pubblico, come una scuola o un ospedale, ma ad esempio una villetta a chiera". La legge tiene conto, tra l'altro del nuovo criterio di riclassificazione delle zone di pericolosità per cui la stima viene fatta seguendo le coordinate geografiche dell'edificio da costruire, e non più quelle dell'area comunale in cui viene costruito.
Realizzare uno stabile dal 2009 comunque è più complicato per gli ingegneri strutturalisti che che sono chiamati a fare i calcoli tenendo conto di variabili maggiori, tuttavia i costi di realizzazione degli edifici non sono lievitati.
"Il vero problema, però, in Italia - chiosa Masi - è quello degli edifici vecchi: solo quelli pubblici sono 75mila. Per renderli sicuri occorrerebbe un vero piano Marshall delle ristrutturazioni", che visti i tempi di crisi è impensabile. Resta vero però che chiunque ha la possibilità di adeguare il proprio stabile o la propria azienda e renderli così sicuri: "I costi possono anche essere alti, ma non proibitivi". Per non affogare nel mare magnum di una legislazione complessa come quella relativa alle costruzioni, occorre fare una distinzione: "Siamo in ambito di legislazione concorrente: Stato e Regioni legiferano entrambe a questa voce - conclude il docente - il primo regola le norme tecniche di costruzione ossia il come e il dove costruire, le seconde invece hanno l'incarico di mappare il proprio territorio".
Tirando le somme tra leggi e semplificazioni e cercando di capire perché capannoni industriali anche moderni non hanno retto al terremoto il risultato è uno solo: ammesso che siano state rispettate le regole di costruzione, è molto probabile che quelle adottate fossero le vecchie.
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