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Questo articolo è stato pubblicato il 30 maggio 2012 alle ore 07:49.

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Cavezzo (Ansa)Cavezzo (Ansa)

CAVEZZO (MO) - La campagna che dal fiume Secchia porta a Cavezzo è un cimitero di fienili e casolari. Cimitero di mattoni rossi, sventrati. Non te ne accorgi se non passi davanti al lato distrutto: il tetto è imploso ma tre pareti su quattro sembrano intatte. Oppure si è staccato un solo fianco, come un foglio di carta velina.

E' successo all'Acetaia Mazzetti, a Motta di Cavezzo. Se non fosse che sotto la parete crollata è rimasto schiacciato il camion cisterna parcheggiato dietro il magazzino, si potrebbe pensare che l'azienda abbia voluto lasciare in bella mostra le botti dove invecchia il pregiato aceto balsamico di Modena.

Qui, in questa terra dove agroalimentare, meccanica, biomedicale e tessile si mixano in un'economia di microaziende dalla tenacia ineguagliabile, il secondo terremoto di ieri è riuscito in un'impresa in cui la crisi mondiale ha finora fallito: instillare la paura.

Cavezzo è uno dei tre comuni del Modenese più colpiti dalle fortissime scosse, quella magnitudo 5.8 delle nove di ieri mattina e le due superiori ai 5 gradi Richter dell'una di pomeriggio. Di sicuro è il più danneggiato strutturalmente e il più ferito umanamente: 4 morti, sulle 16 accertate finora. «Nulla a che vedere con il terremoto di domenica 20 maggio», raccontano i paesani. Settemila anime a regime, ma sono poche centinaia quelli rimasti a convivere con i cumuli di macerie che costellano le strade del centro. Secondo Twitter il 75% del paese è crollato. A contare gli edifici in piedi sicuramente la cifra è sovrastimata, ma di certo i tre quarti dei residenti se ne è andato. Le tapparelle sono tutte giù, a poche centinaia di metri dalla piazza centrale, dove si erge ferita a morte la chiesa di sant'Egidio, stanno allestendo il nuovo campo della Protezione civile. Sarà pronto oggi, questa notte chi non ha un giardino dove piantare la tenda o non ha un posto letto nel campo di Concordia ha dormito in auto.

La gente è silenziosa, a fare rumore sono solo giornalisti e cameramen che immortalano scene da film di guerre stellari: sulla piazza centrale si è sbriciolato un edificio, schiacciando un cuore artificiale pronto per essere spedito e centinaia di capi di abbigliamento. Difficile immaginare che fino alla mattina di ieri lì ci fossero un negozio di abbigliamento e un ufficio commerciale del biomedicale. Poco più in là è diventato cenere il supermarket di Cavezzo. L'insegna Conad è sparita tra i calcinacci. I mattoni sembrano piuttosto nuovi, l'edificio non aveva più di una decina d'anni, conferma un ufficiale della Protezione civile.

La gente comincia a chiedersi chi sono i colpevoli e perché, nella zona residenziale, su due palazzine simili ma realizzate da costruttori diversi, una è rimasta in piedi e l'altra si è frantumata a terra. Si interrogano se per caso non sia colpa delle perforazioni esplorative della Erg Rivara Storage che a Finale Emilia vorrebbe creare un maxideposito sotterraneo di gas e sta rosicchiando la terra sotto i loro piedi. E domandano a noi giornalisti perché la zona non fosse classificata come sismica e quante scosse ancora dovranno sopportare prima di poter tornare nelle loro case. Stando ai geologi non si può rassicurarli: qui vivono sull'argilla, non sulla roccia dell'Aquila, e di terremoti ne hanno avuti già due in dieci giorni.

Lungo le strade i vecchi sono seduti in salotti all'aperto di plastica e ferro, c'è anche un materasso buttato nell'erba per il riposino. Qualche ciclista gira in perlustrazione e i giovani sono incuriositi di tutta quell'attenzione per loro, riescono anche a sorridere della speaker americana che si rifà il trucco prima di andare in diretta. Un anziano non stacca un secondo gli occhi da un mucchio di mattoni e polvere. «Lì, fino oggi all'una, c'era il mio appartamento», racconta.

La scossa del 20 maggio scorso aveva lasciato in ricordo qualche crepa che aveva reso inagibile l'abitazione, alle nove di ieri mattina ancora la casa pareva resistere. Ma alla botta dell'una non ha retto. Niente lacrime. Anche se poco più a nord, a Mirandola, lo stesso anziano ha perso un amico, Enea Grilli, titolare della Bgg, lui e due operai rimasti sotto il capannone.

A Cavezzo sono invece morti la titolare del Mobilificio Malavasi, un addetto della Becker Acroma (finiture per legno) e una signora di mezza età, mentre recuperava qualche indumento nell'appartamento inagibile dal 20 maggio, crollato su di lei ieri mattina. La quarta vittima è ancora senza identità.

Nel paese che non c'è più chi si ritrova dopo una giornata di terrore e prima di una notte insonne si saluta così: «La tua casa?», «Polverizzata. E la tua?», «La mia è venuta giù a metà, ma sono fortunato, il Sala ha perso mezzo capannone».

L'ottimismo emiliano, nonostante tutto, non ha limiti. L'ultima scena, mentre c'è il cambio di guardia tra Protezione civile e vigili del fuoco, è del comandante di Polizia municipale, Egidio Michelini, che presidia il centro transennato e indica l'asfalto liscio: «Qui all'una non c'era una strada, c'erano onde del mare. Un mostro che da sottoterra spiegazzava il cemento. Se non l'avessi visto con i miei occhi non saprei spiegare perché ora non ce n'è più traccia». Le tracce, però, ci sono. Basta alzare lo sguardo per capire.

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