Da Mubarak ad Assad i presidenti "quasi a vita" spazzati via dalla primavera Araba
di Roberto Bongiorni
6. Bashar Al Assad (Siria)
Il più giovane dei presidenti quasi a vita, 46 anni, è anche il solo rimasto in sella.
Quando nel 2000, dopo la morte di suo padre, Hafez (che aveva governato la Siria con il pungo di ferro per 29 anni), assunse il potere, annunciò una serie di riforme politiche ed economiche. Bashar si presentò come un cauto riformatore. E Nei circoli diplomatici europei questa successione trovò consensi. Ex oculista, cresciuto a Londra, si trovò presidente quasi per caso (era stato designato il fratello maggiore Basil, che però morì in un incidente). Bashar veniva visto come un outsider della politica che avrebbe guidato la Siria fuori dal regime baathista. In principio qualche speranza Bashar la diede. Il suo piano di liberalizzazioni e di riforme economiche, pur cauto, segnò comunque dei progressi insperati. Ma non fece altrettanto sul fronte politico.
La minoranza alawita (sciiti duodecimali) restava saldamente al potere senza ricorrere al voto, in un paese in cui la grande maggioranza è sunnita, e dove comunque anche le altri confessioni e etnie (tra cui curdi, armeni e arabi cristiani) restavano ai margini. Il regime cambiava volto. Ma il giovane ex oftalmologo si plasmò presto ai voleri del vecchio entourage baathista al potere. Il paese, che conosce comunque un deciso sviluppo economico, resta un regime oscurantista dove la libertà di stampa non esiste, il dissenso non è permesso ed è spesso punito con l'arresto. Quando la primavera araba bussa alle sua porta, Bashar mostra il volto che non aveva mai mostrato. Il paese rischia ora di scivolare in una guerra civile dalle conseguenze imprevedibili. Per quanto appoggiato dalla Russia, anche l'ultimo dei presidenti quasi a vita del mondo arabo sta incamminandosi verso la sua fine.
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